In attesa del Riesame anche per gli indagati con obbligo di firma, una raccolta di scritti e interventi di approfondimento in ordine cronologico decrescente.
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Lettera aperta e appassionata di un presunto teppista/guastafeste
Sabato 29 dicembre 2012, Genova
Oggi anche il Centro Storico risplende.
Uscire fuori dal portone e immergersi fra gli aromi dei caruggi è un incanto. Da oggi chri matti sofi ed io siamo di nuovo liberi di uscir di casa! Dopo sedici giorni di custodia cautelare ai domiciliari, ordinati dalla Procura di Genova per una vivace resistenza allo sgombero dell’occupazione in via dei Giustiniani19, possiamo di nuovo abbracciarci. Buffa sorte, essere prima cacciati da una casa condivisa, e poi condividere l’isolamento in case separate. Il pubblico ministero Vincenzo Scolastico, ex procuratore “anti-mafia” ora pagato unicamente per reprimere questi “anarco-blackblok-autonomi-insurrezionalisti”, risponde al motto “senza casa non ci sto” obbligandoci a stare sempre a casa!
A parte gli scherzi, la Triade dell’Odio, composta dagli spioni investigatori della Digos, il sopraccitato (e forse anche sovra-eccitato dall’uso delle manette) PM Vincenzo Scolastico, e la matrona borghese nonché Giudice per le Indagini Preliminari Marina Orsini, avranno capito che così facendo ostacolavano il nostro forse più caro e gravissimo reato: vivere in comune e aiutar la nostra gente nel resistere al fascismo ad alta velocità, che oggi come in ogni fase storica di crisi, prova ad avanzare per lasciar indietro tutti gli sfruttati. Tanto per cominciare, si saranno accorti di questo fallimento, perché l’unione contro gli attacchi subiti ha serrato ulteriormente le nostre fila, alimentate da rinnovata passione, nuovi amici, e cari di lunga data. Il mio sincero ringraziamento va a tutti questi per il sostegno e la solidarietà dimostrata, oltre che ai compagni più stretti che nelle ultime settimane di dicembre sono stati sempre al nostro fianco.
In queste settimane ho avuto modo di osservare, a latere, ciò che succedeva in città, e mentre si riempiva il cuore per la vitalità nelle strade, si accresceva il mio senso d’appartenenza a questa città in cui sono nato, da sradicato. Ho sentito mai così vicino il legame con questa comunità umana, vagabonda perché in cerca di quiete, composta da molti fratelli, e molti ancora da conoscere, che percepisco qui ora dove vivo, ma che si diffonde in tutto il mondo. Mi sono sentito parte di una grande famiglia allargata, che va dai quartieri operai della Val Polcevera ai dormitori popolari della Val Bisagno; che resiste, più o meno consciamente, al modello di vita capitalista, perché inumano, corrotto e sprezzante degli insegnamenti della storia. Forte invece dei racconti tramandati dai più anziani, questo galeone errante ha proseguito il suo ammutinamento, sperimentando la sua rotta nonostante le burrasche. E’ anche questo che mi ha dato forza, mi ha indirizzato il cammino, e ha vinto le paure nei momenti di isolamento.
Chiaro, in questo periodo cerco di essere positivo di mio, non voglio credere alle coincidenze e provo a tirar fuori il meglio di ogni circostanza. Però, forse se ho sentito così forte ultimamente questa appartenenza, è anche perché questo intreccio di differenti esperienze ha già attraversato e dato vita, nell’ultimo anno, alla Casa Occupata Giustiniani19, dove ho vissuto, dormito (fin troppo), giocato, amato e lavorato insieme a molti altri. E forse è anche per questo, come è già stato detto, per l’ossessione dei funzionari di Stato di non far radicare il dissenso nei quartieri, per non far trovare punti di riferimento e di contatto alla dissidenza nelle città, che Giustiniani19 è stata sgomberata. Ma, anche in questo caso, lorsignori ne avranno potuto constatare il fallimento. Nuove case sono state occupate in Centro Storico e alcune oggi rifioriscono e si organizzano; in Val Polcevera viene bloccata dai manifestanti una trivella e il movimento contro il TAV-Terzo Valico si rinforza e consapevolizza; in Val Bisagno i compagni e sempre più abitanti alzano la voce contro la riqualificazione dei territori, e progressivamente queste tre esperienze s’iniziano ad intersecare.
Vorrei poter guastare le feste ai putrefatti rappresentanti di questa società carceraria, come loro non sono riusciti a fare con me, dimostrando ancora una volta che Giustiniani19 non è fatta di mura come le loro prigioni, né di schiavi come le loro caserme. Non è fatta solo degli abitanti in senso stretto, bensì di tutti coloro che ci sono passati, l’hanno resa possibile, e forse, sotto sotto, hanno avvertito che la passione per la libertà è, sul serio, più forte d’ogni autorità. Le ragazze e i ragazzi, giovani e meno giovani, giusti al momento giusto. Per capirci, alla casa occupata c’erano operai, disoccupati, lavoratori (e studenti!) occasionali, convinti nel non pagare il prezzo di quest’ennesima crisi, stanchi di lavorare per le briciole d’un banchetto fra potenti, desiderosi di un futuro degno e di un giusto rimborso, nel presente, da parte dei padroni.
Ma questo, scusate se mi dilungo, non è ancora niente in confronto a tutto ciò di cui si è riappropriato questo gruppo allargato ed eterogeneo di persone. Giustiniani19 è nata, come detto, da conoscenze e sperimentazioni, da speranze e sogni non-autorizzati, da gioia, autogestione e fratellanza. E’ fatta di idee coraggiose e pratiche che si diffondono ovunque, che ovunque possono essere attualizzate e riprodotte, da chiunque navighi sulla nostra stessa barca. Dico che esiste ancora perché una creazione e una conquista collettiva non si dimentica, e quindi non può essere sgomberata! Può invece diffondersi fra vicoli stretti e, agli occhi dei più, nascondersi temporaneamente, ma non può morire.
Chiamatemi visionario: ho creduto in alcuni momenti, si decisamente ho creduto di vedere il miraggio tanto atteso delle comuni libertarie del passato, tanto intense quanto fugaci, e ho pensato: “si può fare”! Quindi, come pensano i miei paternali aguzzini, forse tentati dalla mia giovane età, di “rieducarmi”? In queste settimane di arresti domiciliari ho atteso la pattuglia di controllo non per farmi ribadire ogni volta che ero chiuso dentro, semmai per dimostrarmi pronto a chiudere, ancora una volta, quelli stronzi fuori dalla casa che abito! Credo di aver capito perché anche solo una risata può spazzarli via. Quando ti stanno scortando in Questura, quando sei prigioniero e non hai altri mezzi, irridere la sorte e la bassezza delle loro prospettive, credo possa donare quell’attimo di riscossa che vince le paure e rompe il loro giochetto difettoso. Forse no, quanto meno un po’ di soddisfazione.
Quindi, festeggiamo con la fine dell’anno anche la fine di un arresto in vero molto breve e indolore. Come se non bastasse, la Triade ha fallito al Riesame, contro i nostri fidati avvocati, pure sul piano democratico! Facciamoci una risata insieme. Dimostriamogli che, animati dal cambiamento, sopravviviamo ovunque, ci adattiamo alle modificazioni di questa frenetica società per rovesciarla, diventiamo anfibi nella palude di questo mondo decadente per difenderci e contrattaccare. Più misere saranno le condizioni dell’oppressione, più impareremo a vendicarci degli oppressori. Non ho paura dell’isolamento finché rimane libero il motivo per cui lo subisco.
Che dall’ultima tempesta nasca una nuova stagione di prosperità e abbondanza, nella libertà.
Un abbraccio ancora a tutti gli amici e compagni, nuovi e di lunga data, Genovesi e non; quelli con cui adesso vivo alla Casa Occupata di Pellicceria1, e quelli con cui non coabito più, ma ci ritroviamo sempre in strada!
Un caldo saluto al nostro fratello Francesco, ai domiciliari con restrizioni totali dal 22 novembre: vedremo ancora, presto o tardi, Roma bruciare! Si parte e si torna insieme!
Un ringraziamento particolare all’immancabile compagno di gioie e guai che mi ha ospitato a più riprese dallo sgombero di Giustiniani, e sempre mi ha supportato (e sopportato), oltre che, naturalmente, ai miei genitori, che spesso faccio preoccupare ma costantemente sono nel mio cuore.
AVANTI TUTTA! Per andare avanti senza lasciare indietro niente e nessuno!
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Intervento durante il presidio a San Lorenzo scritto da un arrestato
Ciao a tutti,
intanto inizio col ringraziare tutti i presenti e tutti coloro che in questi giorni hanno espresso solidarietà e vicinanza nelle varie forme. Già questo è indice della fondamentale differenza con chi tenta di rinchiuderci, isolarci, punirci. Un saluto a Francesco, per chi glielo può portare, visto che si ostinano a mantenergli tutte le restrizioni possibili…
Dal 12 dicembre mi trovo agli arresti domiciliari insieme ad altri tre compagni per aver reagito, il 7 agosto scorso, alle cariche della polizia in via dei Giustiniani, durante le operazioni di sgombero dello stabile occupato da alcuni di noi nove mesi prima. Già prima, e ormai da otto mesi, insieme ad altri compagni, ero sottoposto a misura cautelare – nella forma delle firme quotidiane in un commissariato di polizia – per aver partecipato ad una manifestazione di operai Fincantieri terminata con qualche scaramuccia sotto la Prefettura.
A questa stessa misura sono costretti ora altri sette compagni, che firmano due volte al giorno in qualche commissariato: credo sia evidente quanto questo comporta in termini di stravolgimento della vita individuale.
I fatti sono noti e non mi ci dilungherò oltre.
Anche perché i fatti sono di poco conto. Mi pare davvero poco interessante stare a parlare di qualche insulto e sputo, o di bottigliette di plastica lanciate all’indirizzo delle forze dell’ordine.
I reati per cui siamo agli arresti sono questi, ma se dico che si tratta di poca cosa non è per fare facili buonismi. Quel di cui siamo accusati è poca cosa rispetto a quello che sarebbe giusto fare per difendersi da chi ti sbatte in mezzo ad una strada, e rispetto a quello che bisognerebbe fare nella situazione sociale che tutti noi viviamo.
Abbiamo occupato case e spazi perché ne abbiamo bisogno e perché siamo convinti che sia giusto e necessario farlo. Abbiamo reagito all’arroganza della polizia perché eravamo incazzati, perché ci stavano togliendo qualcosa di vitale. Una casa e uno spazio occupato non sono solo dei luoghi in cui vivere, organizzare incontri, discussioni, feste ed assemblee. Quello che hanno cercato di chiudere, di annientare, non era solo questo ma anche tutto quello che lì dentro ha vissuto. Relazioni, affetti, amicizie, scontri ed incontri… le nostre vite insomma, e quelle dei nostri amici.
Infatti, con tutta la forza dei loro manganelli, dei loro 130 uomini impiegati, con la forza della Legge, della loro Legge, non ci sono riusciti.
Abbiamo trovato altri spazi ed altre case. Ce li hanno tolti ancora e ne abbiamo presi di nuovi, che ad oggi resistono. Del resto, come qualcuno ha scritto sulle lamiere che oggi blindano Giustiniani, mal che vada stiamo in strada, proprio come sta accadendo adesso.
Ora, al di là dei personalismi, al di là di quel che sta accadendo a noi, a Genova succede qualcosa di particolare. Negli ultimi tre anni sono stati dati 25 avvisi orali per la sorveglianza speciale, ma nonostante tutta la buona volontà dell’ex capo della Digos, Giuseppe Gonan, questo provvedimento di memoria fascista non è mai passato, anche grazie alla mobilitazione in solidarietà.
Dall’anno scorso quindi, per mettere freno ad una attività politica forse un po’ frizzante, ma davvero molto meno preoccupante di quel che quantomeno noi vorremmo, è stata data carta bianca a Vincenzo Scolastico, ex procuratore della Repubblica “anti-mafia”.
Questo signore è arrivato a Genova sproloquiando sui giornali di associazioni sovversive per gli anarchici e non spreca occasione, con la complicità della locale Questura, per far partire denunce per ogni bazzecola che accade in piazza.
La sua ultima trovata è questo utilizzo, mi permetto di dire, un po’ spregiudicato, delle misure cautelari e preventive in assenza di alcuna condanna, senza alcun processo. Le denunce accumulate diventano sufficienti a giustificare pesanti restrizioni delle libertà individuali, con buona pace delle democratiche illusioni sulla presunzione d’innocenza.
Come ulteriore novità la possibilità, per la Questura, di impedire la partecipazione a manifestazioni di piazza spostando arbitrariamente luogo e orario delle firme.
“C’è un corteo in centro alle 5? Ti mando a firmare alle 4 e alle 6 a Sestri Ponente, così non rompi più i coglioni!”.
La cosa forse stupisce, scandalizza e indigna. E la libertà d’espressione direte voi?
Eppure è tutto abbastanza in sintonia coi tempi che corrono.
Maroni e la Cancellieri, in qualità di Ministri degli Interni, parlano d’introdurre il Daspo per i cortei da qualche anno, se non sbaglio dal 14 Dicembre romano.
La Cancellieri lamenta che non è ancora applicabile perché, dice con rammarico, la Costituzione non lo consente.
Ora, la Costituzione non è cosa che mi riguarda e non sarò io ad invocarla o appellarmici. Vorrei solo far notare che dove, nel reprimere, non arriva la Legge, arriva l’interpretazione che della Legge danno giudici e magistrati. Ovvero, il Diritto è una farsa e quando non gli è utile, lo Stato, semplicemente, si limita ad eluderlo. Poi, con calma, lo modifica.
Il Diritto è una farsa ed è una materia malleabile ed elastica quando è maneggiata dai suoi padroni: si restringe, si adatta, si autosospende.
Non occorre aver letto tutta la letteratura sugli stati d’emergenza e d’eccezione per riconoscerlo.
Basta aver sentito qualche resoconto su come si vive all’Aquila o nell’Emilia postterremoto: Diritto sospeso, potere ai militari, infantilizzazione del cittadino, trattato come incapace d’intendere e volere.
Basta essere stati in Val Susa, per capire che quando il gioco si fa un po’ più serio lo Stato sa come comportarsi: espropri di terre, denunce per qualsiasi cosa, una montagna di procedimenti penali, misure cautelari continue, lunghe carcerazioni preventive, fogli di via… Stato d’emergenza senza fine.
Questo è lo scenario con cui le lotte sociali oggi giorno devono confrontarsi.
A Genova, quindi, in questo senso, si sta sperimentando qualcosa di nuovo. Non possono ancora vietarci, per legge, di partecipare a cortei quindi trovano il modo di obbligarci ad essere altrove. Non è un Daspo formale, ma è un Daspo effettivo. Se il Daspo non è sufficiente ecco i domiciliari.
Dei momenti di riflessione su questa situazione bisognerà attivarli, perché se a Genova passa, questo nuovo meccanismo repressivo presto sarà applicato altrove, ovunque ci sia una Procura compiacente e un po’ bizzarra.
Anche perché i tempi futuri potrebbero riservarci momenti molto più difficili visto che quel che succede qui è ancora poco. Si tratta di qualche occupazione, sgomberi, un’attitudine non molto rispettosa dell’autorità, e ci mancherebbe ancora… una lotta contro l’Alta Velocità, contro il Terzo Valico, ancora agli inizi, anche se i lavori, beninteso, stanno iniziando. E anche se, è bene ricordarlo, dieci giorni fa una trivella ha dovuto interrompere i lavori grazie all’intervento di alcuni compagni.
Evidentemente sono bastate queste cose ad impensierirli.
Quel che ha detto il Gip alcuni mesi fa rispetto ad altri obblighi di firma è abbastanza indicativo: più o meno “visto che in questo periodo la tensione sociale crescerà, chi ha le misure cautelari è meglio che se le tenga”.
Benissimo. Noi le misure possiamo pure tenercele, ma la Legge non potrà impedire alla tensione sociale, che di certo non determiniamo noi, di crescere. Soprattutto, la Legge non modificherà di una virgola le nostre coscienze. La Legge non può annientare le nostre ragioni, non può cambiare i cuori.
Ma allora perché usano il bastone in questo modo, che appare a molti così sproporzionato?
Forse perché sanno che non hanno più molte carote da offrire.
Forse perché sanno che le briciole che questo sistema può ancora elargire iniziano a scarseggiare. E le illusioni riformiste, anche quelle di movimento, hanno sempre meno terreno su cui poggiare.
Chi ha le case, chi ha i soldi, chi ha il potere, chi possiede la ricchezza di cui siamo derubati quotidianamente non cederà a buon mercato.
Possiamo ancora chiedere, reclamare ciò che ci viene negato per poi scontrarci contro le mura della realtà… perché lorsignori non ci daranno un cazzo.
Oppure possiamo iniziare a prenderci quello che ci serve, quello che vogliamo.
Nel farlo, trovare e scoprire nuova forza, coraggio, complici e compagni.
Nuovi spazi e nuove idee.
In molti hanno cominciato. Di certo, noi non ci fermeremo qui.
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Intervento durante il presidio di San Lorenzo di un indagato agli obblighi di firma
Viviamo in un mondo che nega. Nega ogni possibilità di crescita e di espressione. Nega agli audaci, agli arditi, ai generosi e volenterosi, nega ai sognatori e nega agli amanti. Questo è il quadro ideale che sostiene l’esperienza e il percorso di giustiniani 19. Questo è il quadro ideale che abbraccia 10, 100, mille esperienze e percorsi analoghi, a genova, come in qualsiasi altra città o luogo periferico di questo pianeta.
Il tentativo di rompere il velo delle viltà e spezzare il ricatto della paura, il tentativo di accendere una piccola fiammella che potesse tramutarsi in una luce e in uno spiraglio con una prospettiva in questi tempi cupi e insopportabili è stato stroncato il 7 agosto 2012, dopo circa 10 mesi di occupazione e sperimentazione, in modo violento, sprezzante e arrogante dall’azione delle forze dell’ordine di concerto con magistratura e potere politico locale, con l’avallo e lo stimolo dei poteri politici centrali.
Analogamente ciò è accaduto in settembre per lo stabile di piazze delle vigne, riaperto dalla libera occupazione di decine di persone, dopo 18 anni di abbandono e tentativi speculativi nonché autentico degrado.
Il tentativo di resistere e opporsi allo sgombero del 7 agosto 2012 da parte di decine di persone mobilitatesi e accorse in strada non è stato digerito dagli stessi poteri che lo hanno determinato. Tutto questo ha portato per il momento al fatto che dal 12 dicembre 4 nostri amici e compagni sono ristretti con misure cautelari agli arresti domiciliari. Altri 7 hanno misure che prevedono la doppia firma giornaliera presso commissariati cittadini e ancora due di essi sono stati denunciati a piede libero.
Qualcun altro interverrà e vi illustrerà meglio queste misure e il loro reale significato. Personalmente voglio soltanto ricordare che solo un mese fa un’altro ragazzo e compagno di giustiniani 19 è stato colpito da misure cautelari con accuse gravissime e inaccettabili di devastazione e saccheggio per la manifestazione del 15 ottobre 2011 a ROMA, e che egli ora si trova ai domiciliari.
Mesi prima sia a genova che nel resto d’italia diversi compagni, attivisti e antagonisti sono stati colpiti da differenti misure cautelari e da diverse accuse, tutte assolutamente indiziarie e tutte assolutamente preventive e tese a far tacere compagni attivi sui fronti di lotta in vario modo e a vario titolo da mesi, anni , decenni.
Ancora in questi giorni, studenti, militanti politici, attivisti di varie aree sono stati colpiti nel nord italia da misure cautelari nonché diverse perquisizioni.
Queste in breve sintesi le ragioni che ci hanno portato qui oggi in piazza per questo presidio e che purtroppo, molte volte accompagnano le iniziative pubbliche, dalle assemblee e momenti d’incontro alle manifestazioni e cortei, che vengono organizzate e che sono state organizzate nel corso di questi ultimi anni a genova ma non solo.
Vorremmo parlare di tanti altri aspetti dell’esistente ma le forze dello stato ci costringono, ancora oggi ,come tante altre volte a soffermarci sugli aspetti e sugli effetti della repressione che colpisce in prima istanza tutti noi amici, compagni, fratelli in tante battaglie di giustizia e di libertà ma che in realtà colpiscono a 360% tutto il fronte degli sfruttati, dei diseredati e degli oppressi anche in questi tempi caratterizzati dalla massima circolazione delle merci e dalle imposizioni di una società super tecnologica che continua a vivere di soprusi e di rapine ai danni dei più deboli e degli esclusi.
Purtroppo ciò accade a causa anche del fatto che molti, tanti, tra i cosidetti cittadini, persone che potrebbero coltivare ben altri interessi lontani dal compromesso con le istituzioni, affrontando tutti insieme la paura e i ricatti a cui veniamo sottoposti quotidianamente, vivono rassegnati.
Lo stato ed i suoi apparati, purtroppo, sono ancora molto forti, nonostante le crisi e i cicli di ristrutturazione che attraversano le fasi di sviluppo e di riassetto del capitalismo.
Lo resterà di sicuro fin tanto che accetteremo di
essere governati essendo guardati a vista, ispezionati, spiati, diretti, regolamentati, recintati, indottrinati, catechizzati, controllati, valutati, censurati, comandati, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la conoscenza e la competenza, né la virtù.
E ancora…accettare di essere governati vuol dire essere, ad ogni azione, ad ogni transazione, ad ogni movimento, annotato, registrato, censito, tariffato, timbrato, squadrato, ammonito, quotato, patentato, licenziato, autorizzato, impedito, riformato, raddrizzato, corretto. Vuol dire essere tassato, addestrato, taglieggiato, sfruttato, monopolizzato, concusso, spremuto, mistificato, derubato, e, alla minima resistenza, alla prima parola di lamento, represso, emendato, vilipeso, vessato, braccato, tartassato, accoppato, disarmato, ammanettato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito, e per giunta schernito, dileggiato, ingiuriato, disonorato, tutto con il pretesto della pubblica utilità e in nome dell’interesse generale, come sostenevano giustamente e lucidamente liberi pensatori già nel diciottesimo secolo.
Possiamo non sottostare a tutto ciò. Vi sono ancora oggi decine e centinaia di esperienze a cui ispirarsi per auto_organizzarsi e liberarci da qualsiasi forma di tirannia, governo, autorità e repressione.
Nonostante sgombero e denunce noi non ci fermeremo. Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Continueremo a tenere alta la testa nonostante minacce e arresti.
Trovandoci oggi qui di fronte alla cattedrale, un tempio dei credenti sempre pronti a stracciarsi le vesti sentendo minacciati i loro affari e i loro interessi, vogliamo ricordare loro, e soprattutto ai più semplici e più in buona fede, che anche il papa Paolo VI affermava che “La proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario.”
Bene. Tutti riflettano. Al pari delle condizioni avverse e di miseria in cui siamo ancora costretti a sopravvivere le occupazioni continueranno e così pure la resistenza ai tentativi di sgombero e sfratto.
Per quanto ad alcuni possa sembrare utopico il nostro orizzonte sta sempre nella volontà e determinazione di stroncare radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Ancora auspichiamo e desideriamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; Ancora noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani e senzienti i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo etico, spirituale e materiale; E cosi ancora noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, sapere e conoscenza, liberi e gratuiti, senza ricatti, meritocrazie fasulle e sopraffazioni.
Solidarietà a tutte le donne e gli uomini costretti nelle prigioni materiali e immateriali del presente.
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Alcune considerazioni di un solidale
Quelle che seguono sono considerazioni che – a titolo personale come cittadino, oltre che come giornalista (tessera professionale 68869) – vorrei rendere di pubblico dominio per stimolare una riflessione il più ampia possibile sulla stato di salute della legalità nel nostro paese.
Le misure cautelari inflitte oggi ad alcuni giovani per episodi avvenuti in concomitanza, ed a causa, dello sgombero della casa occupata di via dei Giustiniani allungano l’elenco di provvedimenti nei confronti di quella che – con molto pressapochismo – viene definita area anarco-insurrezionalista. Provvedimenti che riguardano avvisi orali e fogli di via emessi da numerosissime questure italiane, provvedimenti come i “daspo” applicati alle iniziative politiche e culminati poi con la raffica di arresti ordinata nel gennaio di quest’anno dal procuratore Caselli e seguite da altre procure.
In un documento (vedi allegato) del settore carcere e giustizia di arci genova, già nel 2009 denunciavamo l’illegittimità di avvisi orali e fogli di via in quanto i primi colpiscono comportamenti di natura politica che nulla hanno a che fare con la sicurezza e la pubblica moralità ed entrambi violano palesemente l’articolo 16 della costituzione che afferma che per quanto riguarda la libertà di circolazione e di soggiorno “Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”.
La retata voluta da Caselli – una raffica di arresti per episodi avvenuti numerosi mesi prima – ha dato però una svolta trovando subito nuove procure pronte a seguirlo.
E’ importante a questo punto ricordare quanto affermato da un’autorevole voce – l’ex magistrato Livio Pepino, già presidente di Magistratura Democratica – a seguito della retata Caselli. In un articolo (Il Manifesto 29/01/12) in cui faceva una lucida e puntuale analisi del provvedimento Pepino scrive che la retata ” non è una forzatura soggettiva…. È qualcosa di assai più grave: una tappa della trasformazione dell’intervento giudiziario da mezzo di accertamento e di perseguimento di responsabilità individuali (per definizione diversificate) a strumento per garantire l’ordine pubblico.” E dopo aver analizzato gli aspetti salienti, e negativi del provvedimento, conclude affermando che “Tanto basta per segnalare che la questione riguarda direttamente il rapporto tra conflitto sociale e giurisdizione e non solo – come si cerca di accreditare – alcune frange isolate ed estremiste.”
Infine un’annotazione di cronaca, per completezza dell’informazione: il magistrato che ha coordinato le indagini è il procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico, capo della procura di Savona e poi trasferito alla procura di Genova, dove lo scorso aprile è stato rimosso dalla direzione distrettuale antimafia.
Concludo con un’ultima dichiarazione che sento di dover fare. In occasione dello sgombero della casa occupata, che peraltro ho avuto modo di frequentare, ho espresso la mia solidarietà agli occupanti mettendo a loro disposizione, con il consenso del responsabile dell’associazione, gli spazi della nostra sede per depositare i loro bagagli “essendo stato consentito agli ex occupanti di recuperare i propri effetti personali”, come si legge nel documento della Procura. Se non fossi stato impegnato nella veste di “custode” improvvisato, anche a tutela dei ragazzi e dei loro effettui personali, non avrei esitato ad unirmi alle proteste per lo sgombero, probabilmente con modalità diverse da quelle .di alcuni dei manifestanti, ma in ideale sintonia con loro. Credo infatti che la storia di questo paese dimostra che le conquiste si fanno e si difendono con la lotta politica, mettendosi in gioco in prima persona e non aspettando che piovano dall’alto.
Un’ultima riflessione: oggi 12 dicembre 2012 sui giornali non si parla della strage fascista alla banca dell’Agricoltura del 1969 ma dei funzionari arrestati con l’accusa di corruzione al ministero dell’Agricoltura. Segno dei tempi?
Genova, 12/01/2012
Alfredo Simone
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