Due giorni contro l’industria della pelliccia

L’industria della pelliccia miete 50 milioni di vittime ogni anno . Nel nome del profitto 50 milioni di individui nati per essere selvaggi  soffrono e muoiono in strette gabbie metalliche ammassate, fila dopo fila, in lunghi capannoni.

Allevatori e pellicciai stanno tentando di ripulire la propria immagine pubblica, presentando la loro attività come sostenibile, ecologica ed attenta al benessere degli animali rinchiusi. Per questo riteniamo fondamentale presenziare in strada davanti ai luoghi in cui questo prodotto viene venduto, per  mostrare , a tutti coloro che ancora hanno la voglia di voler guardare, il vero volto di questa industria sanguinaria:  gli sguardi di  coloro che attendono per interminabili giorni e notti in quelle gabbie e  le mani di coloro che senza alcun rimorso decidono di torturarli e massacrarli per poterne vendere le pelli, anche attraverso negozi come quello dove porteremo la nostra protesta.

La pellicceria Raffaellini-Bonanni  vende pellicce e pelli di ogni genere da oltre 60 anni.  Sfruttando il fenomeno sociale secondo il quale indossare la pelliccia di un animale scuoiato sia sinonimo di prestigio, lusso, ricchezza (“valori” per molti fondamentali in questa società) questo negozio fa affari e permette a questa industria di continuare ad esistere.

*** Per questa ragione saremo davanti alle loro porte per un
PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO LE PELLICCE in via San Vincenzo, a Genova, il pomeriggio di sabato 3 marzo, dalle ore 15:30 in poi.

Invitiamo chiunque ne abbia voglia a portare il suo contributo e la propria determinazione, per dare una voce insieme ai milioni di animali rinchiusi dentro quegli inferni.

****Il giorno prima,
venerdi 2 marzo dalle 18, abbiamo organizzato un BUFFET VEGAN DI AUTOFINANZIAMENTO

presso la casa occupata di via Giustiniani 19 (chiunque voglia aiutarci contribuendo con qualcosa da gustare è assolutamente benvenuto!).

Pensiamo possa essere un modo per poter condividere uno spazio comune, incontrarsi e conoscersi, discutere delle prossime iniziative.  In questa occasione mostreremo alcuni video di recenti investigazioni negli allevamenti di animali da pelliccia in Norvegia e Finlandia, di modo da poter illustrare l’argomento a coloro che ancora non conoscono o non hanno approfondito questo tipo di problematiche, e poterne dibattere insieme.

Invitiamo chiunque ad aiutarci nel diffondere il volantino, a prendere parte alle iniziative in modo attivo, a contattarci per saperne di più.

Contro l’industria dello sfruttamento, per la liberazione animale.

https://liberazioneanimalegenova.noblogs.org

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Presidio e corteo No Tav, No Eserciti, No Stato

La mattina di lunedì 27 febbraio sono partiti i lavori di sgombero e demolizione della Baita Clarea, insieme al trasporto di materiale e all’esproprio dei terreni. Luca Abbà, resistente No Tav, alle 8.30 circa è salito su un traliccio per cercare di rallentare l’operazione industrial-militare. Un sbirro ha provato a farlo scendere, manovra assolutamente assassina, senza reti o altri strumenti di protezione. Luca dopo aver comunicato che non avrebbe desistito e anzi sarebbe salito più in alto ha preso una forte scarica elettrica ed è precipitato da diversi metri. La responsabilità delle forze dell’ordine è inconfutabile. Sbirri assassini!
Mentre Luca è stato elitrasportato al CTO di Torino, dopo quasi un’ora dall'”incidente” provocato dalle forze repressive, in Valle i lavori proseguono, partendo proprio dall’esproprio dei suoi terreni, circondati da muri di Jersey. Anche la resistenza continua, con l’occupazione della autostrada A32, scioperi nelle scuole e nelle fabbriche. Numerosi sono i presidi di solidarietà e protesta in tutta Italia.

A Genova un corteo non autorizzato è partito dalla prefettura in direzione della stazione Principe, bloccando per ore la viabilità nel centro città.

SIAMO TUTTI AL FIANCO DI LUCA

PORTIAMO LA VALLE IN CITTA’

BLOCCHIAMO TUTTO

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No Tav – Bloccato pedaggio autostradale – 27-2-2012

riceviamo e diffondiamo:

Nel pomeriggio di domenica 27 febbraio in un centinaio siamo entrati in autostrada all’altezza del casello di Avigliana, con maschere di carnevale e bandiere no tav. Abbiamo bloccato i caselli telepass con due striscioni di una ventina di metri, indirizzando tutte le macchine verso le altre uscite. Coprendo le telecamere con buste nere e alzando le sbarre di questi caselli abbiamo consentito agli automobilisti di passare senza pagare il pedaggio. I volantini e le grida contro il tav e in solidarietà ai compagni arrestati hanno raccolto la solidarietà di molti. Le centinaia di macchine passate gratis costituiscono un danno considerevole per la Sitaf, la società che gestisce questo tratto autostradale e che è proprietaria dei terreni dove sorge il cantiere della Clarea.
La lotta contro il Tav ha certamente bisogno della partecipazione di molti, ma oltre alle iniziative di massa  ci si può organizzare anche con numeri minori. Il suggerimento emerge da questa e dalle tante iniziative in solidarietà con gli arrestati, svoltesi nelle ultime settimane in diverse città. In Val Susa i complici del Tav sono tanti e disseminati su tutto il territorio, mettergli i bastoni tra le ruote è possibile anche con queste modalità. La loro efficacia è direttamente legata a quanto queste riusciranno a diffondersi. Gli ampliamenti delle recinzioni, previsti nei prossimi giorni, saranno un primo importante banco di prova per sperimentare queste pratiche.

Segue il testo del volantino distribuito durante l’iniziativa:

Non pagare per non collaborare

Oggi i caselli dell’autostrada sono aperti. Non per creare problemi a voi automobilisti, ma per  danneggiare gli interessi della Sitaf. La Sitaf è la società che gestisce questa autostrada ed è proprietaria dei terreni dove sorge il cantiere del Tav di Chiomonte. Questa via di comunicazione  consente tutti i giorni, da mesi, alle forze dell’ordine di sorvegliare l’area dei cantieri. Durante alcune manifestazioni è stata riservata esclusivamente agli spostamenti di mezzi militari e di polizia. Per questo la Sitaf è responsabile tanto della devastazione della Valsusa quanto della violenza commessa dalle forze dell’ordine.
Impedire di incassare i pedaggi è allora un contributo alla lotta contro l’Alta Velocità e un’azione in solidarietà ai compagni arrestati a gennaio. Ma è anche un suggerimento di fronte all’avidità dei padroni. In un momento in cui i soldi mancano e la vita ripiega verso una faticosa sopravvivenza, smettiamo di pagare.

Libertà per i compagni arrestati

Alcuni oppositori dell’alta velocità

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“Molto gentilmente” da Genova

Nelle ultime settimane Caselli è stato contestato ovunque abbia tentato di presentare la sua faccia e il suo ultimo libro. Il procuratore di Torino, la cui ultima impresa è l’aver orchestrato l’operazione repressiva che ha portato all’arresto di alcuni resistenti No Tav lo scorso 26 gennaio, si lagna della scarsa simpatia che riscuote nelle strade, rimarcando il primato dello Stato come monopolizzatore della violenza, parallelamente al diritto dei suoi lettori ad assistere agli imperdibili eventi che continua ad annullare. Per ora, l’ultima vivace contestazione è stata offerta a Caselli dai solidali No tav genovesi…

 

dai media di regime:

No Tav, Caselli contestato
Urla e bottigliate, la polizia carica

Dopo le proteste alla Feltrinelli di Milano, duri attacchi contro il magistrato invitato dal sindaco a presentare il suo ultimo libro. Insulti sui muri, esplose bombe carta, infranti vetri. Scaraventate le transenne contro gli agenti. Il procuratore replica: “Protestare è giusto, ma dare del boia a un magistrato non è democratico”
di BRUNO PERSANO

Si sono presentati in un centinaio per contestare il procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli invitato dal sindaco Vincenzi a Genova il suo ultimo libro “Attacco alla giustizia”. A Milano le proteste avevano costretto gli organizzatori a cancellate l’appuntamento alla libreria Feltrinelli e fatto dire al magistrato che “un clima di odio vuole farmi tacere”. A Genova l’incontro c’è stato nella sala dorata di Tursi, ma fuori, per la strada, i giovani anarchici e dei centri sociali hanno scritto “Caselli boia” sulle facciate dei palazzi e sui monumenti, infranto i vetri delle finestre, scaraventato le transenne contro gli agenti.

Il gruppo dei No Tav accusa il magistrato di voler criminalizzare il movimento con i recenti arresti per gli scontri nell’estate scorsa in Val di Susa (a Marassi è imprigionato uno dei 26 attivisti arrestati).

In Via Garibaldi, davanti al palazzo comunale dove si svolgeva l’incontro con il magistrato, i manifestanti hanno mostrato uno striscione dove hanno scritto: “Caselli: Tav? Baciamo le mani. Liberi subito tutti”. Un intero pattuglione di agenti in assetto antisommossa ha blindato la strada e i vicoli che, dalla Maddalena, risalgono verso palazzo Tursi.

E’ scoppiata una bomba carta, poi un gruppo di facinorosi è sfuggito al controllo dei militari e ha raggiunto il palazzo della Prefettura. Ha lanciato un paio di bottiglie contro le finestre. L’intenzione era colpire gli uffici governativi: in realtà le finestre infrante sono quelle degli uffici di Circuito Cinema Genova. Gli agenti hanno caricato i manifestanti

Dispersi dagli agenti, gli attivisti hanno usato le bombolette spray per sporcare le facciate di via San Lorenzo e il monumento di Vittorio Emanuele II in piazza Corvetto: “Caselli boia”. “Morte ai re”. “Via le truppe dalla Val di Susa”. “No Tav liberi”.

gelido il commento del magistrato: “Se uno si limita a protestare, fa quello che la democrazia gli consente, ma dare del boia a un magistrato o a un poliziotto non è simpatico e non mi pare un granchè democratico. Ieri abbiamo annullato l’iniziativa di Milano – spiega Caselli – perchè si svolgeva in una situazione logistica che esponeva la gente perbene a una circolazione non di idee, ma di qualcos’altro di meno simpatico.
Oggi la situazione era diversa: l’incontro c’è stato”.

E poi ha aggiunto, in risposta alle accuse che gli rivolgono gli attivisti No Tav: “Il pm è il primo anello di una sequenza che poi prevede il gip e ora ci sono tre ordinanze del tribunale della Libertà. In uno stato di diritto si tenga conto anche di questo”.

(21 febbraio 2012)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ANTIFASCISTI IN TUTTE LE CITTA’

CI CHIAMAVANO BANDITI, CI CHIAMANO TEPPISTI
IERI PARTIGIANI OGGI ANTIFASCISTI

venerdì 24 febbraio 2012 dalle h 18 @ casa occupata giustiniani 19 / Genova

come si muovono oggi i fascisti nelle nostre città, come si infiltrano nel tessuto sociale, chi li finanzia e chi li protegge, che rapporto hanno con i partiti.
come si possono migliorare le forme di lotta.

PROIEZIONE DI CHASSEURS DE SKINS
film documentario, 2008, Parigi, 80 minuti.
“Il nostro obiettivo era ripulire la capitale dagli skin nazisti e alla fine direi che possiamo ritenerci soddisfatti del risultato”.

ESPOSIZIONE DELLE SITUAZIONI LIGURI
con la testimonianza dei compagni di Savona e La spezia.

a seguire buffet e serata musicale di autofinanziamento.

sabato 3 marzo  PRESIDIO ITINERANTE dalle 17 @ p.za del brandale / Savona

ANTIAUTORITARI SEMPRE

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Aperitivo benefit no tav

In quei boschi, dietro quelle barricate, davanti a quelle recinzioni c’eravamo tutti!

GIOVEDI’ 23 FEBBRAIO DALLE ORE 18

buffet e musica-djset SoundArmato| piazza Posta Vecchia

Solidarietà a chi ha resistito in Valle, ed è stato colpito – a chi ancora manca e sta subendo le conseguenze di quella repressione!

CASSA LIGURE DI SOLIDARIETA’ ANTIREPRESSIVA

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BLOCCHIAMO CASELLI

PORTIAMO LA VALLE IN CITTA’
MARTEDI’ 21 ORE 15.30 @ GIUSTINIANI 19

Il 26 gennaio la procura di Torino ha fatto partire un’operazione contro il movimento NOTAV, arrestando 26 persone e perquisendone una cinquantina.

Il tentativo di dividere il movimento fra buoni e cattivi, cercando di intimorire e separare i cosiddetti violenti da un ipotetico altro, deve fallire e non può lacerare la lotta contro il TAV, soprattutto dal momento che le pratiche e gli intenti in Valle scaturiscono dall’estrema spinta alla condivisione dei resistenti. Come il 27 giugno e il 3 luglio gli obiettivi trovavano concordi tutte le anime che diedero vita a quelle giornate, così oggi c’è bisogno di una difesa unitaria di tutti i colpiti dalla repressione.

Ad oggi 8 persone rimangono in carcere, mentre i restanti sono sottoposti alla detenzione domiciliare o ad altre forme di restrizione. Il titolare dell’inchiesta, Giancarlo Caselli, non è semplicemente l’attuale procuratore capo di Torino: come ex procuratore antimafia, Caselli è anche un simbolo apparentemente intoccabile per tutta una sinistra convinta che giustizia sia sinonimo di galera. Con il suo ruolo si vorrebbe nascondere l’evidenza degli interessi di affaristi collusi con la mafia nell’attuazione del treno ad alta velocità in Valsusa.

Ma il movimento NOTAV ha dimostrato efficacemente che lottare contro il treno veloce significa lottare contro gli interessi dei padroni (che siano o no mafiosi) e contro lo Stato che li difende; significa riappropriarci delle nostre esistenze e dei nostri spazi di vita. Noi sappiamo benissimo che mafia e Stato sono due sistemi di potere in bilico tra la reciproca collusione e il contrasto per l’egemonia. Noi sappiamo che lottare contro la mafia significa lottare contro lo Stato, e viceversa. Non sarà un procuratore ammantato di santità a cambiare le carte in tavola.

Noi non dimentichiamo il ruolo di Caselli negli anni ottanta nella conduzione dei processi contro gruppi rivoluzionari e movimenti sociali. Noi non dimentichiamo il suo sostegno, nel ’98, quando erano ancora pochi i nemici dell’alta velocità, all’inchiesta che portò all’arresto e alla morte in carcere di Edoardo “Baleno” Massari e Soledad “Sole” Rosas.

Portare l’esperienza della lotta in Valle nelle strade delle nostre città significa per noi riproporre le pratiche del blocco e dell’assedio privandole di ogni significato simbolico, significa porsi come obiettivo l’impedire a Caselli il suo ipocrita teatrino antimafia di facciata così come in Valsusa ci si pone quello di impedire la Tav.

Caselli non deve parlare! Fuori tutti dalle galere! Con Sole e Baleno nel cuore

CANTU E CUNTU

SABATO 18 FEBBRAIO ORE 18

“CANTU E CUNTU” è uno Spettacolo realizzato con le tecniche dei Cantastorie, figura tradizionale della Cultura Popolare, che si spostava nelle Piazze e raccontava con il Canto una Storia o una Leggenda che spesso era attualizzata.
Lo Spettacolo è un Viaggio attraverso la Musica e i Racconti che accompagnavano l’uomo in un contesto rurale che ormai stà scomparendo…
Un Viaggio in quel tempo in cui… la Musica cullava l’uomo-bimbo con le melodie delle ninnenanne, rendeva magiche le Fiabe che gli venivano raccontate e usciva in strada insieme agli stessi bambini rallegrando i loro giochi attraverso le filastrocche… “gallinella zoppa zoppa quante penne tieni ‘n coppa, e ne tieni ventiquattro…uno, due, tre e quattro”.
Ancora… la Musica era il mezzo per esprimere le pene del cuore e le fatiche dei campi, la rabbia e le oppressioni dei Popoli.
Il Cantastorie, allora, Cantava e Cuntava girando di Piazza in Piazza, come fa ancora oggi…per non perdere la Memoria !

Biagio Accardi… “Servo Vostro e con Devozione saluta stà bella Popolazione (per il momento)”!

Note Informative: Biagio Accardi da anni è impegnato nel recupero delle Tradizioni etno-musicali, studiando e sperimentando, nel tempo, mezzi e modi sempre nuovi per arricchire il proprio lavoro.
Nello Spettacolo Cantu e Cuntu oltre alla Voce e alla Chitarra, fanno da cornice il Tamburo e la Lira Calabrese. L’uso della Maschera in alcune parti dello Spettacolo, rimanda chiaramente alla Commedia dell’Arte.

Video PROMO (Cantastorie/Cantu e Cuntu): http://www.youtube.com/watch?v=5YpIZTAA0IQ

La MUSICA e gli SPETTACOLI di Biagio Accardi (sul myspace): http://www.myspace.com/biagioaccardi

“Nagrù”, Gruppo Tradizionale Calabrese.
“Fuocu”, Gruppo di Musica Etno-Mediterranea.
Spettacolo di “Cantastorie”, Cantu e Cuntu e…

INFO: 368404835 | bottegadelfuoco[at]virgilio.it

LIBIA 2011 di Paolo Sensini

VENERDI’ 17 FEBBRAIO ORE 18

Presentazione del libro LIBIA 2011 di Paolo Sensini e dibattito con l’autore, con supporto di un documentario video.

Nel marzo 2011 un’internazionale “coalizione di volenterosi”, trainata da Francia ed Inghilterra, attacca unilateralmente la Libia di Gheddafi, che nell’arco di poche settimane passa dall’essere presentato come un affidabile partner dell’occidente, ad essere definito “dittatore pazzo e sanguinario”.
In quei giorni, di poco successivi ai moti popolari della “primavera araba” in Egitto, Tunisia e Bahrein, sia i  mass-media occidentali, sia i network arabi Al Jazeera ed Al Arabica, ci raccontavano che un’insurrezione di tutto il popolo libico, guidata da “giovani rivoluzionari di Bengasi” veniva repressa nel sangue da Gheddafi che, bombardando la sua stessa gente, stava causando decine di migliaia di vittime. E che non era quindi procrastinabile “l’intervento umanitario” a sostegno dei civili libici.
Le testimonianze emerse nei mesi successivi ci dicono invece che non era proprio così.
I “giovani rivoluzionari” erano gruppi di combattenti islamisti guidati da ex ministri del governo e da Al Qaeda, ed armati da mesi dai servizi segreti occidentali, che hanno trovato enormi difficoltà nel prendere il controllo del paese e nell’abbattere un governo che godeva dell’appoggio incondizionato della stragrande maggioranza della popolazione.
Anche i fatti più sbandierati da televisioni e giornali a sostegno della richiesta d’intervento straniero in appoggio ai “ribelli”, ovvero i bombardamenti delle città e dei civili libici da parte delle truppe lealiste o la presenza di fosse comuni (ormai un classico della propaganda imperialista), si sono dimostrati un falso clamoroso, come altre atrocità successivamente attribuite all’esercito ed a Gheddafi.
Quello che invece nessuno ci ha raccontato è stata la strage di civili colpiti dall’uso indiscriminato dei bombardamenti aerei da parte della NATO, e il livello di distruzione da essi causato, che ha riportato indietro di centinaia di anni quello che veniva riconosciuto come il paese africano con il più alto livello di benessere , servizi ed infrastrutture e che ora, dopo che gli è stata portata la democrazia, è piombato nel caos e nella miseria.
Questo battage mediatico finalizzato a far accettare questa guerra all’opinione pubblica occidentale ricalca abbastanza da vicino quanto accaduto in occasione delle guerre imperialiste che hanno colpito Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, ma nonostante si tratti di uno schema trito e ritrito non è bastato a sollevare dalla sinistra italiana tout-court, quel velo di omertoso silenzio che ha di fatto reso digeribile ai proletari italiani l’aggressione ingiustificata ad un popolo intero. Nessuna opposizione alla guerra, nessuno sciopero “no war”, nessuna bandiera arcobaleno alle finestre. Ancora una volta partiti e sindacati ci hanno lasciato soli, utilizzando addirittura strumentalmente l’aggressione militare alla Libia, in chiave anti-Berlusconi, come se la vita di decine di migliaia di persone pesasse meno del “bunga-bunga” e dei loro sporchi giochi di potere.
Anche tenuto conto del fatto che la grande industria mediatica della menzogna di guerra (con l’aiuto delle sue quinte colonne in loco) sta riproponendo lo stesso giochino in Siria ed Iran, riteniamo fondamentale comprenderlo appieno per decostruire le bugie propinateci e riappropriarci degli strumenti dell’inchiesta e della ricerca delle verità, con l’obiettivo di ricominciare ad opporre alla guerra imperialista in tutto il mondo l’opposizione di classe in casa nostra.
Ne parliamo con Paolo Sensini, autore del libro LIBIA 2011 e presente dai primi giorni di bombardamenti nella Jamahiriya sotto attacco insieme alla Fact finding commission on the currents events in Lybia .

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RIBELLI DELLA MONTAGNA

“In Val Susa, lo Stato si è guadagnato l’odio di intere generazioni”
(cit. I peccati della Maddalena-Fratelli di TAV; documentario)

La mattina del 26 gennaio un’ingente operazione di polizia contro il movimento NOTAV su tutto il territorio nazionale ha portato all’arresto di 26 persone e all’applicazione di altre misure cautelari e restrittive per 15 persone. L’accusa è di aver partecipato a vario titolo alle calde giornate di lotta e resistenza del 27 giugno e del 3 luglio in Val di Susa. Per più di un mese a Chiomonte un territorio è stato sottratto alla sovranità dello Stato: difesa dalle barricate, la Libera Repubblica della Maddalena viveva di fatto nella zona prevista per il cantiere del cunicolo geognostico esplorativo, rimandando a lungo il suo insediamento. Il 27 giugno lo Stato interviene, sgomberando il presidio dopo una lunga resistenza sotto un diluvio di lacrimogeni e occupando militarmente l’area, recintandone solo una piccola parte rispetto a quella effettiva prevista dal progetto. Il 3 luglio, un moto di rabbia e liberazione porta all’assedio del cantiere per diverse ore, in cui tutti hanno dato vita a una data battaglia furente, attaccando e contrattaccando le truppe d’occupazione a difesa del cantiere, alla ricerca sfrenata di liberare nuovamente la zona.
Dall’esperienza della Libera repubblica della Maddalena, dove un’intera comunità minacciata dai progetti devastatori del capitale, nell’organizzarsi in una resistenza attiva per difendere la terra, ha realizzato di poter far tranquillamente a meno dello Stato, sperimentando spazi e momenti di condivisione e autogestione. Fino all’assedio al fortino-cantiere del 3 luglio, dove ciascuno, fianco a fianco, a seconda dei propri mezzi, delle proprie possibilità, delle proprie pulsioni, ha deciso di non delegare e non rimandare il momento della rabbia, di esprimere il proprio desiderio di rivalsa in seguito all’ennesimo attacco subito. Un’intera valle sotto attacco e migliaia di esasperati da questo sistema socio-economico si sono uniti per provare a riprendersi ciò che era proprio, attaccando coscientemente e assediando il cantiere e chi lo difende. L’uso massiccio della forza da parte della polizia, le cariche con le ruspe e l’idrante, le migliaia di lacrimogeni, le violenze sui manifestanti e le torture ai 5 arrestati di quel giorno non hanno stroncato la ferrea volontà di assediare il fortino militare.
La barbarie dello Stato e dell’industria è ovunque, ed ovunque è difesa da forze di polizia e sempre più da  militari in divisa mimetica: si pensi ai C.I.E, alle discariche in Campania, al territorio dell’Aquila, all’eventualità di centrali nucleari, fino alle nostre stesse strade. Il non-cantiere di Chiomonte è zona di interesse strategico nazionale, ovvero zona militare a tutti gli effetti, con tanto di mezzi da guerra cingolati, soldati e corpi speciali dei Carabinieri, che si aggiungono al già imponente dispositivo poliziesco schierato dietro il filo spinato.
Ciò che avvicina migliaia di persone alla lotta contro il TAV non sono certo solo le innumerevoli motivazioni per esserne contrari, valide per centinaia di altre drammatiche situazioni, ma il tipo di conflitto che si è sviluppato, in cui le mediazioni cadono e il proprio sentire diventa immediato, dove ogni pratica e ogni modo di esprimersi trovano il proprio spazio e il proprio tempo, in uno spirito di condivisione progettuale che si è fatta comunità di lotta e resistenza, in un conflitto che è diventato parte integrante della vita delle persone. Le esperienze delle Libere repubbliche di Venaus e della Maddalena rendono bene lo spirito, le idee, le volontà che permeano questa lotta.
Questi i brevi pensieri, cronache assai parziali di un conflitto ventennale, rispetto ai quei giorni valsusini, per cui amici e compagni sono ora sottoposti ad arresti cautelari, domiciliari e misure restrittive. Quei giorni c’eravamo tutti, insieme, fianco a fianco. Per boschi, per sentieri e sulle barricate.
L’operazione repressiva orchestrata da Caselli, così vasta, estesa ed eterogenea, tiene fede però al carattere popolare, condiviso ed eterogeneo del movimento NO TAV. Un movimento composito, complesso e articolato, che in tutto questo trova la sua forza. Davanti a ciò, ogni tentativo di esclusione e divisione cade nel vuoto. Coscienti del percorso fin qui intrapreso, la miglior risposta alla repressione è continuare a lottare, con passione e determinazione. Questa è anche, e soprattutto, la miglior solidarietà che possiamo esprimere agli arrestati e agli inquisiti.

Fuori i militari dalla Val Susa, da Genova e da ovunque.
Delle prigioni, delle gabbie, dei muri e delle recinzioni solo un cumulo di macerie.
Juan libero! Gabri libero! Liberi tutti!

maggiori info
notav.info
notavliberi.noblogs.org

[foto] Murales NO TAV LIBERI TUTTI – NO GRONDA – fuori le truppe dalla Val Susa. Di misura 40 m x 2m in via Fillak, a Genova, in Val Polcevera. La Val Polcevera è una delle zone incluse nel Progetto del Terzo Valico (Linea TAV Genova-Milano) e della Gronda , nuovo devastante raccordo autostradale di 19 chilometri che si svilupperanno tra gallerie e viadotti, in progettazione lungo tutto il Ponente genovese. Toccherà tutte le vallate che dalla costa vanno verso l’entroterra tra Bolzaneto (Valpolcevera) e Genova-Voltri.

Da Genova, con passione

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