DALL’OTTOBRE ROMANO, PER UN AUTUNNO DI LOTTA

Martedì 22 ottobre ore 17.30 presidio in piazza Banchi
in solidarietà con Raffaele e tutti gli/le arrestati/e durante il corteo del 19 ottobre 2013 a Roma.
Ora e sempre al fianco di chi lotta!

Compagne e compagni genovesi

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DALL’OTTOBRE ROMANO, PER UN AUTUNNO DI LOTTA. RAFFA LIBERO, LIBERI TUTTI!

Volge al termine la settimana di mobilitazione romana che si è snodata tra occupazioni di case, momenti di solidarietà agli arrestati del 15 ottobre 2011 e altre iniziative di agitazione, conclusa con lo sciopero di venerdì del sindacalismo di base e la manifestazione del giorno successivo.
Sabato 19 ottobre 2013 un corteo di più di 50 mila persone ha portato per le strade della capitale diversi segmenti dell’attuale opposizione sociale nel nostro paese, dandogli per la prima volta dopo anni un importante momento di visibilità e convergenza. Dal movimento di lotta per la casa, che apriva la manifestazione con uno spezzone dalla partecipazione imponente, alla resistenza alle grandi opere (Tav, Muos, ecc), all’opposizione alle politiche d’austerità e di impoverimento sociale ed economico.
Lavoratori, studenti, precari e disoccupati (con una forte componente di immigrati) hanno animato la piazza portando la protesta fin sotto i ministeri ed esprimendo in maniera forte la propria determinazione di fronte ai palazzi del potere.
Polizia e carabinieri hanno effettuato una quindicina di fermi, tra questi c’è Raffa, un nostro compagno genovese. Mercoledì 23 è stata fissata l’udienza per la convalida dell’arresto, in contemporanea alle ore 10 è previsto un presidio al carcere Regina Coeli di Roma (Lungo Tevere). Mobilitiamoci per l’immediata liberazione di tutti i compagni e le compagne. Invitiamo ad esprimere la massima solidarietà. Su quelle strade c’eravamo tutti!

Si parte e si torna insieme!
Liber* tutt*

Casa Occupata di Vico Pellicceria 1

L’eco della valle arriva in città

Metropolis_05

Molto è già stato detto sulla Tav, sul Terzo Valico e sulle ragioni del No, e tante altre volte vanno ribadite per distogliere le coscienze dalla propaganda nazionale. La popolazione si rende conto di ciò che sommariamente vogliono dire le Grandi Opere: esproprio di terra e/o case ai residenti ed eventualmente di un pezzo del loro cuore; ridefinizione di un territorio, delle sue abitudini, della sua natura in cambio di quel deserto esistenziale fatto di cemento, rumore e inquinamento, che stiamo imparando a conoscere ovunque. Distruzione di un habitat naturale e sociale, insomma.

Quello che alcuni, magari semplificando un po’, definirebbero un panorama di merda.

Ad arricchirsi ovviamente saranno i soliti: la vasta cricca di chi specula sui grossi spostamenti di denaro. Qualcuno ci guadagna subito, altri investono per rifarsi poi con gli interessi. La grande opera rappresenta dunque un grosso spostamento di denaro, ancor prima della sua reale costruzione. Prevede un continuo spostamento di materiali, guardie, e una volta conclusa magari radiazioni (Muos), o merci e manager. Sti cazzi! Per gli sfigati che non ci guadagnano nulla rimane la beffa di un trasporto pubblico abbandonato al grottesco magna-magna delle dirigenze, con frequenze e condizioni sempre peggiori e aumenti del costo del biglietto. La solita esistenza precaria.

Fra tutti questi flussi di soldi, militari e logistica arriviamo al totem della collusione fra la triade sindacale e i padroni: la mistificazione sui nuovi posti di lavoro. Già perché di lavori utili alla collettività ce ne sarebbero a bizzeffe al mondo, ma non sono finanziati. Nemmeno quelli di basilare manutenzione del territorio in cui viviamo, che potrebbero servire a prevenire alluvioni, frane ed esondazioni. Le grandi opere invece spostano banalmente del lavoro fuori città. E si tratta di un lavoro infame: quello contro altri lavoratori, parte dei grandi ed eterogenei movimenti d’opposizione: camionisti contro camionisti, facchini contro facchini, operai contro operai, operai contro contadini, e via dicendo. Sta suonando la sveglia, è tempo di ricordarsi cos’era e cosa vuol dire la solidarietà fra sfruttati, e decifrare, se ci fossero ancora dei dubbi, chi sono i servi e chi i padroni, per sapere a chi far pagare una volta per tutte il conto. Attenzione che scotta.

Le grandi opere quindi al momento sembrano creare più che altro distruzione, cementificazione, spostamenti e, per così dire, attriti. Che scenario! Tutto deve andare di corsa, il denaro, le merci, le quotazioni in borsa, la produttività, e anche noi. Per inseguire gli ingranaggi di un modello di sviluppo in crisi permanente – quella che pagano sempre i poveri – che tende a plasmare noi e quello che ci circonda a propria immagine e somiglianza: spostamenti sempre più veloci, città sempre più grandi, più smog, più stress, impotenza, solitudine, paura, accondiscendenza. E il Tav per unire le metropoli e mettere più velocemente in circolo la loro merda.

Non ci piace. Anche se siamo nati in città e forse ci siamo già sentiti come sabbia imprigionata nella grande clessidra che segna il tempo del nostro lavoro – un ciclo da una parte, un ciclo dall’altra – capiamo che l’alta velocità di una grande opera in valle è come l’alta velocità del progetto di metropoli e, più in generale di città moderna: sposta lavoratori da un quartiere o da un comune all’altro secondo l’offerta di lavoro flessibile, espropria per costruire centri commerciali, e intanto vende ai poveri elettrodomestici usa-e-getta e plastica della Ekom, ai ricchi le alte tecnologie in graziosi centri storici-vetrina, un po’ trasgressivi un po’ patinati, sicuramente cool, sicuramente smart, una volta ripuliti dalle persone.

Capiamo che il progetto dell’alta velocità non riguarda solo i territori dove passerà, ma riguarda ognuno di noi, perché è anche attraverso questi assestamenti che l’attuale sistema di sviluppo mafioso si riorganizza per sopravvivere. E’ giunta l’ora di scioperare dal posto di lavoro allora, dalla scuola, dal proprio ruolo nella normalità, per diffonderci come sabbia negli ingranaggi della produzione. Non ci rimane che bloccare la logistica, è ormai ovunque. Blocchiamo i suoi spostamenti ininterrotti, blocchiamo le merci, i manager che qui viaggiano da sempre in prima classe, i rastrellamenti delle guardie. Facciamolo per noi, per la nostra dignità calpestata, e per le valli in lotta, dove i tentacoli della metropoli cercano oggi di arrivare.

 

Casa Occupata di vico Pellicceria 1

Francesco trasferito a Roma!

Aggiornamento IMPORTANTE 14/10/2013

Francesco trasferito a Roma, per scrivergli:

Francesco Carrieri
Casa Circondariale di Roma Rebibbia
nuovo complesso in via Raffaele Majetti 70
00156 Roma

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L’accanimento nei confronti di Francesco continua, la Procura ha disposto il suo trasferimento nel carcere di Sanremo.

Invitiamo tutti a fargli sentire appoggio e solidarietà.

Di seguito l’indirizzo per scrivergli:

 

Francesco Carrieri

CASA CIRCONDARIALE DI SANREMO
STR. ARMEA, 144
18038 SANREMO (IM)

[Repressione 15 ottobre] Lettera di Francesco dal carcere di Savona e aggiornamenti

Ciao a tutti,
Sono ormai cinque giorni che mi trovo nel carcere Sant’Agostino di Savona.
Sinceramente sono ancora sconcertato e stupito di trovarmi in questa situazione, non sono di certo il tipo che si fida della sbirraglia o che ripone fiducia nello Stato e nella sua giustizia, ma resta il fatto che non mi aspettavo un colpo basso del genere.

La motivazione per cui sono stato trasferito dai domiciliari al carcere è l’aver infranto le restrizioni, in altre parole l’aver ospitato a casa i miei amici. L’assurdo è che da Febbraio di quest’anno mi è stato revocato il divieto di comunicare e di incontrare persone diverse dai miei coinquilini. Quindi cosa avrei infranto? Il carabiniere che ha comunicato al giudice di avermi trovato a casa con i miei compagni nel momento del controllo, che avveniva sabato 21 Settembre, rifiutò di voler vedere la notifica che specificava la revoca delle restrizioni dicendo che era tutto a posto e che non ce n’era nessun bisogno. Stando in carcere ho potuto appurare che il suddetto sbirro è avvezzo ad infamate di questo tipo, ma anche qui non c’è molto da stupirsi.

Fa molto più pensare che un giudice firmi un’istanza del genere senza nemmeno controllare prima gli obblighi ai quali una persona è sottoposta fino a mandarla dai domiciliari al carcere.
Anche questa esperienza non può far altro che rafforzare i miei ideali e il mio astio verso questa società infame e sfruttatrice composta da sbirri assassini, giudici sadici e porci politicanti.
Non posso far altro che ringraziare i miei compagni di cella e non solo, che fin da subito mi hanno dimostrato la loro umanità e solidarietà.
Tutto il mio affetto va alle persone a me vicine e alla mia famiglia che da sempre mi supportano e mi danno la forza di andare avanti.

Vi saluto con la promessa che, se non si risolverà al più presto questa situazione, sarò pronto a combattere anche chiuso in questo fottuto lager con ogni mezzo a mia disposizione, invitando chiunque a fare lo stesso fuori.

FUORI TUTTI DALLE GALERE
DENTRO NESSUNO SOLO MACERIE
Ciao Francesco cella 8 sez. 2

Giovedì 3 Ottobre è stata rifiutata dal giudice l’istanza di scarcerazione con le stesse identiche assurde motivazioni con le quali Francesco è stato trasferito in carcere.  E’ evidente l’accanimento nei confronti di chi quotidianamente si batte per le proprie idee e per i propri sogni. Non saranno queste mosse repressive ad intimorire Francesco e tutti noi, consapevoli del fatto che le tre giornate dell’ ottobre romano saranno un occasione per esprimere la nostra rabbia e la solidarietà a tutti gli imputati del processo del 15 ottobre.
FRA LIBERO LIBERI TUTTI