Cena per la Cassa Solidale Ligure

 Sabato 2 Febbraio h. 20

c/o Circolo “Il Pasubio”- Salita Di Oregina, 46
CENA BENEFIT
CASSA LIGURE DI SOLIDARIETA’
Costo: € 20
-MENU –
Misto di antipasti
Cavatelli fatti in casa con salsa ai carciofi
Roastbeaf con patate al forno e insalata di finocchi e arance
Tiramisù
Macedonia
Consapevoli che il meccanismo repressivo sia uno dei tanti strumenti che vengono usati per dividerci e per schiacciare ogni fermento di opposizione e di critica, sappiamo bene che ogni volta che la repressione colpisce uno di noi, colpisce tutti noi.
Per rompere la parcellizzazione che ci vuole gli uni contro gli altri abbiamo costruito un progetto di cassa di solidarietà regionale che sostenga localmente, ma non solo, chi verrà colpito, o chi sia già stato colpito, dalla repressione a causa della sua partecipazione alle varie lotte.
Attraverso la cassa vogliamo abbattere i muri che ci separano e ci mostrano differenti, rispolverando insieme le vecchie armi del mutuo soccorso. Ma per spiccare il volo c’è bisogno che queste pratiche e legami di solidarietà sociale si diffondano e si rafforzino: questa è la nostra vera sfida, visti i tempi di disgregazione e isolamento.
PRENOTARE ENTRO E NON OLTRE MARTEDI’ 29 GENNAIO A: grimaldelloge@libero.it
***
Cassa Solidale Ligure
N°POSTEPAY
4023 6005 9375 2910
intestato a Franciosi Chiara
codice fiscale FRNCHR73R44E463X

CENA BENEFIT in SOLIDARIETÀ A FRA

carlo-vive-webVENERDI 1 FEBBRAIO, ore 20!
CENA BENEFIT in SOLIDARIETÀ A FRA!
S.M.S. CIANTAGALLETTO (via Ciantagalletto, a 4 km dal centro di SAVONA. In fondo a Corso Ricci, prendere per Santuario e girare la prima a sinistra…quella è già Via Ciantagalletto, proseguire quindi un paio di km in salita)

GRAN CENONE…PIZZE, FARINATE, FOCACCE, VINO, DOLCE, CAFFÈ
OFFERTA MINIMA 15€.
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA (ENTRO LUNEDI 28).
Contatti: fuoricontrollo@inventati.org OPPURE 340.3066567
Se sei vegetariano/vegano, avvisaci!

SOLIDARIETA’ A FRA!

Francesco “Pivello” si trova dal 22 novembre scorso agli arresti domiciliari, accusato di devastazione e saccheggio per gli scontri avvenuti a Roma il 15 ottobre 2011.
“Devastazione e saccheggio”, la cui pena va dagli 8 ai 15 anni, è un reato introdotto durante il ventennio fascista con il Codice Rocco, e oggi viene sempre più spesso utilizzato come arma repressiva contro chi pratica l’azione diretta. Non possiamo dimenticarci le condanne in cassazione relative ai fatti di Genova 2001 e le più recenti condanne in primo grado ad altri imputati per la manifestazione del 15 ottobre 2011.
La repressione ha colpito Francesco per la sua militanza e l’attiva partecipazione alle lotte.

FRANCESCO ‘PIVELLO’ LIBERO!
SOLIDARIETÀ A CHI SI RIBELLA AL CAPITALISMO E AI SUOI ORRORI!

Francesco è un amico e compagno, attivo da anni su tutti i fronti caldi della lotta contro il capitalismo ed il suo sistema di sfruttamento ed oppressione. Dalla resistenza popolare in Val Susa ed in Valpolcevera contro il delirio del TAV, alle lotte per la casa e le occupazioni a Genova, dalla difesa della Margonara nella nostra città fino all’Antifascismo militante, Francesco non ha mai risparmiato impegno generoso e determinazione.
Per la sua militanza Francesco è uno degli arrestati del 22 novembre scorso e da due mesi è costretto agli arresti domiciliari. Da Digos e Ros è accusato, insieme ad altri 4, di devastazione e saccheggio, resistenza a pubblico ufficiale nella giornata di lotta mondiale del 15 ottobre 2011. A Roma oltre un anno fa esplose la rabbia popolare e spontanea contro le politiche “lacrime e sangue” che il sistema economico-capitalista
propugna nel tentativo di prolungare la sua agonia, tutto a scapito del proletariato e della dignità futura di giovani e non.
Quella manifestazione di oltre duecentomila persone si concluse con scontri e cariche durissime contro i manifestanti, centinaia di feriti ed i folli caroselli dei blindati dei carabinieri lanciati tra la folla in rivolta.
Francesco è stato colpito dalla repressione perché senza paura ha sempre manifestato le proprie idee e con il suo agire si è radicalmente opposto ad un sistema pronto a “digerire” quasi tutto: perché mentre non tollera oppositori reali, utilizza quelli apparenti a proprio vantaggio.
Oggi l’accusa che gli è rivolta prevede una condanna molto pesante e lo Stato, spaventato dai molti fuochi di rivolta che si accendono un po’ ovunque, mostra la sua natura brutale e cerca di usare la repressione (e le accuse a Francesco) come un monito a tutti quelli che si ribellano al suo ordine costituito. Ordine fatto di manganellate dispensate a dosi massicce nelle piazze, militarizzazione dei territori, espropri, mentre il sistema capitalista pretende di continuare a farci subire nocività, inquinamento e consumo delle risorse naturali e collettive ad uso
speculativo.
Francesco può guardare a testa alta i suoi nemici perché non si è piegato alle minacce di un sistema senza futuro che tuttavia continua ad opprimerci tutti cercando di farci sprofondare nel baratro con sé… ma non è finita qui!

La nostra solidarietà va a lui come amico e compagno con il massimo disprezzo per i vari responsabili della sua situazione attuale che lo costringe lontano dai nostri occhi ma sempre vicino al cuore. Pive tieni duro!

LIBERTÀ PER FRANCESCO E PER TUTTI GLI ARRESTATI!

Amici e Compagni Savonesi contro la repressione

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Comunicato di solidarietà del collettivo Gramigna di Padova riguardo le recenti e pesanti condanne per i sei compagni colpiti dalla repressione in seguito agli scontri durante il cosiddetto corteo degli indignati del 15 ottobre 2011 a Roma.

CONTRO LA REPRESSIONE NON SI TACE

SENZA GIUSTIZIA, NESSUNA PACE!

SOLIDARIETA’ AI COMPAGNI CONDANNATI PER GLI SCONTRI DEL 15 OTTOBRE A ROMA.

Martedì 8 gennaio sono arrivate per sei imputati le condanne in primo grado per gli scontri del 15 ottobre scorso a Roma.

Le condanne sono state estremamente pesanti: 6 anni di carcere solo per essere stati identificati quel giorno da delle foto accanto ad un blindato in fiamme. A questi sei compagni va tutta la nostra più sincera solidarietà e complicità.

Oltre alle accuse di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, ai sei imputati è stato contestato anche il reato di devastazione e saccheggio, reato di guerra, ora utilizzato anche per la guerra dello Stato contro i proletari sul fronte interno. Reato di origine fascista che rileva ancora una volta la continuità tra regime e “democrazia”, tra l’altro già utilizzato contro i dieci imputati del processo per il G8 di Genova.

Appare chiaro come l’avanzare della crisi capitalistica renda sempre più ampio il malessere sociale delle classi oppresse. Oggi, per far sì che la rabbia popolare non si incanali in percorsi politici autorganizzati e non istituzionali, i padroni colpiscono con la repressione non solo le avanguardie che lottano, dai posti di lavoro fino ai movimenti, ma sono criminalizzate tutte quelle esperienze di lotta che si pongono in posizione antagonista e di conflitto rispetto al sistema e che escono dalla sua compatibilità. Basta pensare alle decine di inchieste contro la consolidata Resistenza No Tav, alle recenti cariche contro i No Muos a Niscemi o appunto a quello che ha rappresentato la giornata del 15 ottobre a Roma, dove si è organizzata in Piazza San Giovanni una vera resistenza di massa, sia difensiva che offensiva alle cariche degli sbirri, scavalcando letteralmente le concertazioni dei pompieri della rivolta e rovinando il comizio preconfezionato dei riformisti. Non a caso dopo questa data tutte le fazioni della sinistra borghese e dei sindacati confederali non hanno più osato indire una mobilitazione nazionale, ben sapendo della possibilità che la rabbia sociale esca ancora una volta dagli argini e della loro incapacità di gestirla e controllarla.

Un altro fattore si è poi aggiunto al mosaico: l’avvicinarsi delle elezioni nazionali fa sì che tutti i partiti borghesi vadano a predisporsi nei vari contesti più o meno locali alla competizione, “preparandosi il terreno” per conquistarsi la propria fetta di voti, ma rimanendo uniti nel mobilitare le masse popolari in senso reazionario con la farsa del voto democratico, anestetizzando, con l’illusione delle urne, la tendenza alla lotta di classe.

In questo quadro vanno visti anche i numerosi sgomberi di spazi occupati delle ultime settimane, per “ripulire” le città dei padroni da possibili punti di riferimento per giovani e proletari.

Questo è avvenuto soprattutto in città governate dal Partito Democratico, partito della borghesia imperialista, al servizio di finanza, confindustria e grande capitale e sempre più formazione politica “dell’ordine e della disciplina”.

L’abbiamo notato a Padova, dove sono stati sgomberati il CPO Gramigna e l’aula studio Baracca Occupata all’Università, ma anche in altre città governate da giunte “di sinistra” come Forlì, con lo sgombero del MaceriA occupato, o Genova, con le denunce e le misure cautelari notificate ai militanti dell’ex-casa occupata Giustiniani 19 per resistenza allo sgombero. Anche a tutti loro va la nostra solidarietà!

La repressione è un banco di prova reale nel quale tutte le realtà si trovano a fronteggiarsi con lo Stato e i suoi apparati non appena si oltrepassano gli argini della concertazione e diventa quindi una linea di demarcazione tra chi si vuole realmente porre su un piano di contrapposizione ai piani di sfruttamento e saccheggio dello Stato e chi preferisce avviare percorsi di “legalizzazione”.

La solidarietà diviene, dunque la nostra arma fondamentale sia per far sì che nessun compagno o realtà politica resti solo sia per rilanciare la lotta che viene colpita.

Oggi più forte di prima!

Collettivo Politico Gramigna

www.cpogramigna.org

 

Di qui non si passa

Cinque parole chiare, ferme, decise e nessun uso della forza.
Dieci invece gli avvisi di conclusioni indagini nei confronti di altrettanti attivisti NoTav: “interruzione di pubblico servizio” uno dei reati contestati.
Siamo in estate, nelle vallate interessate dai lavori della grande inutile opera del Terzo Valico si scende in strada, si sceglie di presidiare insieme terreni e abitazioni: la terra non si espropria, la dignità non si compra.
La gente è per strada, non fa paura il caldo, non fa paura il mettersi in gioco: siamo tutti lì perché è giusto, per difendere il posto dove siamo nati, cresciuti, dove abbiamo scelto di vivere, perché è arrivato il momento di esserci per fermare il Terzo Valico.
Ci siamo tutti, con sedie, ombrelloni e viveri di ogni genere, con chiacchiere, opinioni, idee.
Siamo a Trasta, a Pontedecimo, a Ceranesi, a Campomorone, a Borgo Fornari, a Serravalle e ad Arquata.
Siamo giovani, anziani, bambini, padri, madri: donne e uomini che hanno scelto di lottare perché il futuro dei propri figli non ha prezzo.
A distanza di cinque mesi, nelle nostre valli le persone parlano, scendono in piazza e nelle strade, si informano, discutono, ci si conosce un po’ di più, si creano reti di amicizia, sta nascendo un nuovo tessuto sociale dimenticato da tempo.
Il pubblico servizio…abbiamo appena iniziato a costruirlo.
E la lotta continua.
Il 30 gennaio saremo a Gavi per impedire nuovi espropri.

NoTav, per difendere la nostra terra.

Movimento No Tav – Terzo Valico

***

L’apparato repressivo continua inesorabile la sua opera.
Lo scorso Dicembre 11 compagni sono stati colpiti da varie misure restrittive graduate dai domiciliari sino agli obblighi di firma che sono state in parte revocate negli aspetti più pesanti (i compagn* sottoposti ai domiciliari) e parzialmente confermate ancora per 4 persone costrette e sottoposte a tutt’oggi agli obblighi di firma. La manovra repressiva riguarda in tutto  13 denunciati in seguito allo sgombero di Giustiniani19, che era la loro casa oltre che uno spazio di socialità e di lotta.
La nostra solidarietà va oggi agli amici e compagni del movimento NO TAV TERZO VALICO colpiti dalle ultime denunce per interruzione di pubblico servizio durante i blocchi messi in atto la scorsa estate contro gli espropri di case e terreni per la costruzione del Terzo Valico.
L’interesse economico dei soliti sfruttatori delle nostre vite e della nostra terra non potrà fermare la volontà di uomini e donne che hanno capito che questa lotta non è per la difesa del proprio privato pezzo di terra, ma per la difesa dell’ambiente, dello spazio in cui viviamo, della nostra possibilità di scegliere come vivere e stare insieme.
La crescita di questo movimento e delle sue ragioni è sotto gli occhi di tutti.
Ma ciò che farà vincere è la condivisione e la determinazione nel portare avanti una lotta che ci porta a contrapporci materialmente e non solo ideologicamente a questo progetto.
Chiunque provi a opporsi a questo sistema, in cui l’interesse di pochi soverchia l’interesse di molti, viene sistematicamente represso.
Intimidazioni, minacce, denunce sono la prima, subdola, arma che usano contro di noi.
Solo unendo la lotta contro il Terzo Valico alle altre lotte avremo la forza di mettere in crisi i piani dei padroni e sperimentare un’alternativa concreta di vita.

SI PARTE E SI TORNA INSIEME.

Rete genovese contro la repressione

Aggiornamenti

Aggiornamento sulla situazione repressiva genovese in riferimento agli arresti e misure cautelari del 12 dicembre per la resistenza allo sgombero (Agosto 2012) della Casa Occupata Giustiniani19:

 

Le misure richieste dal Pm Vincenzo Scolastico e approvate dal Gip Marina Orsini sono state rigettate per i 4 arrestati – quindi liberati Enrico, Mattia, Sofia, Christian – e per uno dei costretti alle firme dal riesame del 27 dicembre che si è pronunciato il 29.

Il riesame successivo del 10 gennaio, per gli altri 6 compagni sottoposti a misura, ha invece confermato la misura cautelare nella forma delle due firme quotidiane per quattro compagni annullandole per altri due.

Quindi rimangono 7 le persone sottoposte a misura (4 per questa indagine, 3 per una precedente – manifestazione operai Fincantieri – ormai dal Marzo scorso).

Solidarietà a tutti gli indagati.

 

Seguiranno news e aggiornamenti

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Provaci ancora Vince

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dai media di regime:

Sgombero via dei Giustiniani, il procuratore Scolastico al Riesame: “A Genova non si riescono a fare i processi contro queste persone”

Genova. E’ terminata da pochi minuti l’udienza presso il tribunale del Riesame di Genova che deve decidere sulla misura inflitta dal gip Orsini (obbligo di firma due volte [ndr] al giorno) a sei antagonisti genovesi accusati di resistenza in concorso in seguito allo sgombero della casa occupata di via dei Giustiniani 19, avvenuto il 7 agosto scorso.

I denunciati sono in tutto 11 ma per 5 di loro il Riesame ha già deciso la scarcerazione il 29 dicembre scorso. Quattro erano addirittura finiti ai domiciliari, ma il Riesame, presieduto dal giudice Anna Ivaldi, ha escluso per i quattro (e per un quinto che aveva solo l’obbligo di firma) i “gravi indizi di colpevolezza” indicati dal pm Vincenzo Scolastico, ritenendo ingiustificata l’applicazione della misura.

Sul punto il procuratore aggiunto ha annunciato ieri che farà ricorso in Cassazione.

Scolastico questa mattina si è recato personalmente a discutere l’udienza del Riesame, lamentando di fronte ai giudici che “al Tribunale di Genova non si riescono a portare avanti i processi contro queste persone”. Il procuratore inoltre, replicando a una delle tesi difensive secondo la quale la Polizia non dato alcun avvertimento ai manifestanti prima della carica, come previsto dal testo unico di polizia, ha detto che “Sono state date disposizioni perché in futuro questo avvenga”.

La decisione del Riesame rispetto alle sei posizioni esaminate oggi potrebbe arrivare già in giornata. Nulla è scontato ma difficilmente il Riesame potrà discostarsi dalla decisione presa per gli altri indagati. Scontato, in caso di annullamento della misura, sembra essere invece il ricorso del procuratore aggiunto anche per i cinque [ndt].

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La meschinità non ha limiti: la Procura ricorre in Cassazione

apprendiamo dai media di regime:

GenovaIl procuratore aggiunto di Genova Vincenzo Scolastico ha deciso per il ricorso in Cassazione contro la sentenza del Tribunale del Riesame che ha annullato la misura cautelare a cinque degli undici antagonisti indagati per quanto è avvenuto il 7 agosto scorso durante lo sgombero dell’edificio di via Giustiniani 19, occupato abusivamente.

Si tratta di quattro persone che erano agli arresti domiciliari e che sono state scarcerate e una quinta che aveva l’obbligo di presentarsi alla Polizia giudiziaria una volta al giorno, tutti accusati di resistenza a pubblico ufficiale.   

Secondo i giudici del Riesame si è trattato di una forma di protesta sulla quale non c’é la prova certa che gli indagati volessero sfondare lo schieramento degli agenti di Polizia. Affermano inoltre che alle 12 lo sgombero era già avvenuto e tutti erano andati via pacificamente.

Diversa la tesi della Procura secondo la quale la resistenza sussiste ogni volta che vengono posti in essere atti di violenza o minacce anche solo per ostacolare l’attività del pubblico ufficiale. La Procura sostiene inoltre che gli antagonisti si erano allontanati dalla polizia per poi tornare insieme ad altri venendo anche a contatto fisico con gli agenti.

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“Alcuni magistrati si intromettono nella vita privata dei cittadini”

Pubblicato il 8 febbraio 2011 da ilsecolo21

Alcuni magistrati si intromettono nella vita privata dei cittadini”. Berlusconi Silvio.

Non è un Paese libero quello in cui quando si alza il telefono non si è sicuri della inviolabilità delle proprie conversazioni.
Non è un Paese libero quello in cui un cittadino può trovare sui giornali delle proprie conversazioni che fanno parte del proprio privato e che non hanno nessun contenuto penalmente rilevante.
Non è un Paese libero quello in cui una casta di privilegiati può commettere ogni abuso a danno di altri cittadini senza mai doverne rendere conto.
E’ giunto il momento di ristabilire una reale separazione e un corretto equilibrio fra i poteri e gli ordini dello Stato. (Berlusconi Silvio).

Facendo sponda alle parole irritate e di sfogo del Premier si capisce che uno dei principali problemi del nostro paese sia il potere della Magistratura, a detta di Berlusconi: incontrollato, invasivo, impunito e di casta.

Cerchiamo, ora, di riportare le parole pronunciate da B. contro il potere delle toghe ad una dimensione riflessiva, in un contesto locale, come quello della nostra Genova.

Vincenzo Scolastico. Procuratore capo del Tribunale di Genova.

E’ di recente dominio pubblico che il Procuratore reggente del Tribunale di Genova, Vincenzo Scolastico, abbia deciso di istituire un pool di magistrati per seguire gli anarchici genovesi, i quali, all’ultima manifestazione della FIOM, pare abbiano cercato scontri nell’intento di occupare la sede di Confindustria, concludendo così una serie di azioni considerate rilevanti penalmente secondo il Tribunale genovese.

Il potere della Magistratura è forte, difficilmente in discussione, autonomo perché a garanzia dell’indipendenza del proprio agire in un contesto di equilibrio tra i poteri istituzionali.

Ma fuori dal gioco di contrapposizione dei poteri costituiti e fuori dai meccanismi e dagli equilibri che permettono ad uno Stato di vivere e mantenersi democraticamente legittimo, resta da considerarsi il piano della gente comune e la loro vita quotidiana nel rapporto con il potere giudiziario.

Alcuni magistrati si intromettono nella vita privata dei cittadini”.

La magistratura ha il potere di decidere, nella complessità del mondo sociale, quali siano i gruppi di persone sui quali far ricadere la propria attenzione, penalmente connotata. Un potere che è anche dovere: obbligatorietà dell’azione penale quando si ha una notizia di reato o quando se ne prevede la possibilità. Questa obbligatorietà però, è assolutamente discrezionale e i giudici, umani come il resto dei cittadini, compiono scelte in base alle loro credenze, valori, risorse ed interessi (e non solo in base al codice penale) escludendo qualcosa per soffermarsi su altro. Come ad esempio le correnti interne al Tribunale di Genova hanno fatto si che i processi del G8 seguissero certi filoni (Diaz, Bolzaneto, manifestanti) piuttosto che quello delle violenze contro i manifestanti in Corso Italia, Piazza Manin, o contro gli effetti dei gas utilizzati.

E allora il cittadino comune che tipo di tutela ha nei confronti dell’interesse dei Tribunali? Si può parlare di accanimento come fa Berlusconi? Certamente, nel caso degli anarchici, ciclicamente chiamati in causa a pagare le tensioni del conflitto sociale. Radicale, ben riconoscibile, allergico al compromesso e, per assunto, in alcun modo assimilabile alle logiche di potere, l’anarchico è davvero un facile bersaglio.

Da sempre.

Ecco perché Scolastico, decide di dirottare l’impegno e l’attenzione di tre pubblici ministeri come Morisani, Mazzeo e Miniati per seguire le lotte degli anarchici della città. Perché è più semplice indirizzare l’opinione pubblica verso qualcosa di evidente che verso qualcosa di sommerso. Ma c’è ancora qualcosa. Più grave. Infatti oltre a distrarre l’opinione pubblica, si distraggono automaticamente le energie dei magistrati inquirenti. E mi domando, non ci sarà qualcosa di più grave su cui indagare?

Genova, su queste righe lo si ripete spesso, è la capitale italiana per quel che riguarda il riciclaggio di denaro provente da attività illegali. Questo significa che quando le mafie si fanno impresa e intaccano l’economia legale, qui a Genova trovano una situazione ottimale ai loro interessi tant’è che riciclano più qui che altrove. Più qui che in tutto il resto d’Italia.

E questo significa politica, accesso agli appalti e gare truccate.

In una situazione talmente preoccupante verrebbe da pensare che almeno in Tribunale ci sia un pool di magistrati specializzati nel contrasto di questi fenomeni. Triste ma vero: i magistrati che a Genova si occupano di Antimafia (e lo fanno a livello regionale) da Sanremo a Massa Carrara sono due, Silvio Frantz e Federico Panichi. E invece di rafforzare la Direzione Distrettuale Antimafia, Scolastico pensa sia sensato avere un pool di due giudici per l’imprenditoria mafiosa e uno di tre per gli anarchici?

Nei giornali cittadini, tra l’altro, è passato senza troppo clamore, c’era da aspettarselo, il fatto che gli anarchici in questione siano stati anche bollati di associazione a delinquere. Questo significa equiparare alla criminalità organizzata un espressione del conflitto sociale come la protesta anarchica: con l’ art. 416 del codice penale, si attribuiscono al dissenso politico le caratteristiche di un sodalizio delinquenziale. E anche se al vaglio dei magistrati questa accusa cadrà come in passato è già successo, resta il fatto che il Procuratore capo di un Tribunale della Repubblica si permetta nel ventunesimo secolo di non sapere/voler distinguere fra criminalità e dissenso. Tornando allo strapotere dei magistrati in caso di errore e sopravvalutazione di questo caso, nei confronti di Scolastico verranno presi dei provvedimenti disciplinari?

Berlusconi è convinto di no.

Per un approfondimento su Vincenzo Scolastico curato dalla Casa della Legalità:

DDA Genova, il Procuratore Scolastico…e l’unità della famiglia.

E visto che da Scolastico (ed altri) non c’e’ risposta, ci torniamo su…

Il boss scende in campo per difendere Landolfi e Scolastico (ed il mistero della DDA).

Non è un Paese libero quello in cui quando si alza il telefono non si è sicuri della inviolabilità delle proprie conversazioni. Vero, se non si ha nulla da nascondere e se si è dei cittadini qualunque senza altre responsabilità che le proprie.
Non è un Paese libero quello in cui un cittadino può trovare sui giornali delle proprie conversazioni che fanno parte del proprio privato e che non hanno nessun contenuto penalmente rilevante. Vero, come giornalista credo che il voyerismo nell’informazione sia deleterio e insulso, ma l’imputato, soprattutto se cittadino qualunque, che definisce il contenuto della propria imputazione come più o meno penalmente rilevante fa i conti senza l’oste.
Non è un Paese libero quello in cui una casta di privilegiati può commettere ogni abuso a danno di altri cittadini senza mai doverne rendere conto. Si ma la casta non è certamente solo quella dei magistrati.

E’ giunto il momento di ristabilire una reale separazione e un corretto equilibrio fra i poteri e gli ordini dello Stato e l’italiano qualunque, quello che viene stritolato da leggi assurde in tempi mitologici e mai tutelato dalle prepotenze. (Dentini Fabrizio)

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Crolla la tesi dell’accusa! Arrestati di nuovo in libertà!

Scolastico modIn attesa del Riesame anche per gli indagati con obbligo di firma, una raccolta di scritti  e interventi di approfondimento in ordine cronologico decrescente.

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Lettera aperta e appassionata di un presunto teppista/guastafeste

Sabato 29 dicembre 2012, Genova

Oggi anche il Centro Storico risplende.

Uscire fuori dal portone e immergersi fra gli aromi dei caruggi è un incanto. Da oggi chri matti sofi ed io siamo di nuovo liberi di uscir di casa! Dopo sedici giorni di custodia cautelare ai domiciliari, ordinati dalla Procura di Genova per una vivace resistenza allo sgombero dell’occupazione in via dei Giustiniani19, possiamo di nuovo abbracciarci. Buffa sorte, essere prima cacciati da una casa condivisa, e poi condividere l’isolamento in case separate. Il pubblico ministero Vincenzo Scolastico, ex procuratore “anti-mafia” ora pagato unicamente per reprimere questi “anarco-blackblok-autonomi-insurrezionalisti”, risponde al motto “senza casa non ci sto” obbligandoci a stare sempre a casa!

A parte gli scherzi, la Triade dell’Odio, composta dagli spioni investigatori della Digos, il sopraccitato (e forse anche sovra-eccitato dall’uso delle manette) PM Vincenzo Scolastico, e la matrona borghese nonché Giudice per le Indagini Preliminari Marina Orsini, avranno capito che così facendo ostacolavano il nostro forse più caro e gravissimo reato: vivere in comune e aiutar la nostra gente nel resistere al fascismo ad alta velocità, che oggi come in ogni fase storica di crisi, prova ad avanzare per lasciar indietro tutti gli sfruttati. Tanto per cominciare, si saranno accorti di questo fallimento, perché l’unione contro gli attacchi subiti ha serrato ulteriormente le nostre fila, alimentate da rinnovata passione, nuovi amici, e cari di lunga data. Il mio sincero ringraziamento va a tutti questi per il sostegno e la solidarietà dimostrata, oltre che ai compagni più stretti che nelle ultime settimane di dicembre sono stati sempre al nostro fianco.

In queste settimane ho avuto modo di osservare, a latere, ciò che succedeva in città, e mentre si riempiva il cuore per la vitalità nelle strade, si accresceva il mio senso d’appartenenza a questa città in cui sono nato, da sradicato. Ho sentito mai così vicino il legame con questa comunità umana, vagabonda perché in cerca di quiete, composta da molti fratelli, e molti ancora da conoscere, che percepisco qui ora dove vivo, ma che si diffonde in tutto il mondo. Mi sono sentito parte di una grande famiglia allargata, che va dai quartieri operai della Val Polcevera ai dormitori popolari della Val Bisagno; che resiste, più o meno consciamente, al modello di vita capitalista, perché inumano, corrotto e sprezzante degli insegnamenti della storia. Forte invece dei racconti tramandati dai più anziani, questo galeone errante ha proseguito il suo ammutinamento, sperimentando la sua rotta nonostante le burrasche. E’ anche questo che mi ha dato forza, mi ha indirizzato il cammino, e ha vinto le paure nei momenti di isolamento.

Chiaro, in questo periodo cerco di essere positivo di mio, non voglio credere alle coincidenze e provo a tirar fuori il meglio di ogni circostanza. Però, forse se ho sentito così forte ultimamente questa appartenenza, è anche perché questo intreccio di differenti esperienze ha già attraversato e dato vita, nell’ultimo anno, alla Casa Occupata Giustiniani19, dove ho vissuto, dormito (fin troppo), giocato, amato e lavorato insieme a molti altri. E forse è anche per questo, come è già stato detto, per l’ossessione dei funzionari di Stato di non far radicare il dissenso nei quartieri, per non far trovare punti di riferimento e di contatto alla dissidenza nelle città, che Giustiniani19 è stata sgomberata. Ma, anche in questo caso, lorsignori ne avranno potuto constatare il fallimento. Nuove case sono state occupate in Centro Storico e alcune oggi rifioriscono e si organizzano; in Val Polcevera viene bloccata dai manifestanti una trivella e il movimento contro il TAV-Terzo Valico si rinforza e consapevolizza; in Val Bisagno i compagni e sempre più abitanti alzano la voce contro la riqualificazione dei territori, e progressivamente queste tre esperienze s’iniziano ad intersecare.

Vorrei poter guastare le feste ai putrefatti rappresentanti di questa società carceraria, come loro non sono riusciti a fare con me, dimostrando ancora una volta che Giustiniani19 non è fatta di mura come le loro prigioni, né di schiavi come le loro caserme. Non è fatta solo degli abitanti in senso stretto, bensì di tutti coloro che ci sono passati, l’hanno resa possibile, e forse, sotto sotto, hanno avvertito che la passione per la libertà è, sul serio, più forte d’ogni autorità. Le ragazze e i ragazzi, giovani e meno giovani, giusti al momento giusto. Per capirci, alla casa occupata c’erano operai, disoccupati, lavoratori (e studenti!) occasionali, convinti nel non pagare il prezzo di quest’ennesima crisi, stanchi di lavorare per le briciole d’un banchetto fra potenti, desiderosi di un futuro degno e di un giusto rimborso, nel presente, da parte dei padroni.

Ma questo, scusate se mi dilungo, non è ancora niente in confronto a tutto ciò di cui si è riappropriato questo gruppo allargato ed eterogeneo di persone. Giustiniani19 è nata, come detto, da conoscenze e sperimentazioni, da speranze e sogni non-autorizzati, da gioia,  autogestione e fratellanza. E’ fatta di idee coraggiose e pratiche che si diffondono ovunque, che ovunque possono essere attualizzate e riprodotte, da chiunque navighi sulla nostra stessa barca. Dico che esiste ancora perché una creazione e una conquista collettiva non si dimentica, e quindi non può essere sgomberata! Può invece diffondersi fra vicoli stretti e, agli occhi dei più, nascondersi temporaneamente, ma non può morire.

Chiamatemi visionario: ho creduto in alcuni momenti, si decisamente ho creduto di vedere il miraggio tanto atteso delle comuni libertarie del passato, tanto intense quanto fugaci, e ho pensato: “si può fare”! Quindi, come pensano i miei paternali aguzzini, forse tentati dalla mia giovane età, di “rieducarmi”? In queste settimane di arresti domiciliari ho atteso la pattuglia di controllo non per farmi ribadire ogni volta che ero chiuso dentro, semmai per dimostrarmi pronto a chiudere, ancora una volta, quelli stronzi fuori dalla casa che abito! Credo di aver capito perché anche solo una risata può spazzarli via. Quando ti stanno scortando in Questura, quando sei prigioniero e non hai altri mezzi, irridere la sorte e la bassezza delle loro prospettive, credo possa donare quell’attimo di riscossa che vince le paure e rompe il loro giochetto difettoso. Forse no, quanto meno un po’ di soddisfazione.

Quindi, festeggiamo con la fine dell’anno anche la fine di un arresto in vero molto breve e indolore. Come se non bastasse, la Triade ha fallito al Riesame, contro i nostri fidati avvocati, pure sul piano democratico! Facciamoci una risata insieme. Dimostriamogli che, animati dal cambiamento, sopravviviamo ovunque, ci adattiamo alle modificazioni di questa frenetica società per rovesciarla, diventiamo anfibi nella palude di questo mondo decadente per difenderci e contrattaccare. Più misere saranno le condizioni dell’oppressione, più impareremo a vendicarci degli oppressori. Non ho paura dell’isolamento finché rimane libero il motivo per cui lo subisco.

Che dall’ultima tempesta nasca una nuova stagione di prosperità e abbondanza, nella libertà.

Un abbraccio ancora a tutti gli amici e compagni, nuovi e di lunga data, Genovesi e non; quelli con cui adesso vivo alla Casa Occupata di Pellicceria1, e quelli con cui non coabito più, ma ci ritroviamo sempre in strada!

Un caldo saluto al nostro fratello Francesco, ai domiciliari con restrizioni totali dal 22 novembre: vedremo ancora, presto o tardi, Roma bruciare! Si parte e si torna insieme!

Un ringraziamento particolare all’immancabile compagno di gioie e guai che mi ha ospitato a più riprese dallo sgombero di Giustiniani, e sempre mi ha supportato (e sopportato), oltre che, naturalmente, ai miei genitori, che spesso faccio preoccupare ma costantemente sono nel mio cuore.

AVANTI TUTTA! Per andare avanti senza lasciare indietro niente e nessuno!

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Intervento durante il presidio a San Lorenzo scritto da un arrestato

Ciao a tutti,

intanto inizio col ringraziare tutti i presenti e tutti coloro che in questi giorni hanno espresso solidarietà e vicinanza nelle varie forme. Già questo è indice della fondamentale differenza con chi tenta di rinchiuderci, isolarci, punirci. Un saluto a Francesco, per chi glielo può portare, visto che si ostinano a mantenergli tutte le restrizioni possibili…

Dal 12 dicembre mi trovo agli arresti domiciliari insieme ad altri tre compagni per aver reagito, il 7 agosto scorso, alle cariche della polizia in via dei Giustiniani, durante le operazioni di sgombero dello stabile occupato da alcuni di noi nove mesi prima. Già prima, e ormai da otto mesi, insieme ad altri compagni, ero sottoposto a misura cautelare – nella forma delle firme quotidiane in un commissariato di polizia – per aver partecipato ad una manifestazione di operai Fincantieri terminata con qualche scaramuccia sotto la Prefettura.

A questa stessa misura sono costretti ora altri sette compagni, che firmano due volte al giorno in qualche commissariato: credo sia evidente quanto questo comporta in termini di stravolgimento della vita individuale.

I fatti sono noti e non mi ci dilungherò oltre.

Anche perché i fatti sono di poco conto. Mi pare davvero poco interessante stare a parlare di qualche insulto e sputo, o di bottigliette di plastica lanciate all’indirizzo delle forze dell’ordine.

I reati per cui siamo agli arresti sono questi, ma se dico che si tratta di poca cosa non è per fare facili buonismi. Quel di cui siamo accusati è poca cosa rispetto a quello che sarebbe giusto fare per difendersi da chi ti sbatte in mezzo ad una strada, e rispetto a quello che bisognerebbe fare nella situazione sociale che tutti noi viviamo.

Abbiamo occupato case e spazi perché ne abbiamo bisogno e perché siamo convinti che sia giusto e necessario farlo. Abbiamo reagito all’arroganza della polizia perché eravamo incazzati, perché ci stavano togliendo qualcosa di vitale. Una casa e uno spazio occupato non sono solo dei luoghi in cui vivere, organizzare incontri, discussioni, feste ed assemblee. Quello che hanno cercato di chiudere, di annientare, non era solo questo ma anche tutto quello che lì dentro ha vissuto. Relazioni, affetti, amicizie, scontri ed incontri… le nostre vite insomma, e quelle dei nostri amici.

Infatti, con tutta la forza dei loro manganelli, dei loro 130 uomini impiegati, con la forza della Legge, della loro Legge, non ci sono riusciti.

Abbiamo trovato altri spazi ed altre case. Ce li hanno tolti ancora e ne abbiamo presi di nuovi, che ad oggi resistono. Del resto, come qualcuno ha scritto sulle lamiere che oggi blindano Giustiniani, mal che vada stiamo in strada, proprio come sta accadendo adesso.

Ora, al di là dei personalismi, al di là di quel che sta accadendo a noi, a Genova succede qualcosa di particolare. Negli ultimi tre anni sono stati dati 25 avvisi orali per la sorveglianza speciale, ma nonostante tutta la buona volontà dell’ex capo della Digos, Giuseppe Gonan, questo provvedimento di memoria fascista non è mai passato, anche grazie alla mobilitazione in solidarietà.

Dall’anno scorso quindi, per mettere freno ad una attività politica forse un po’ frizzante, ma davvero molto meno preoccupante di quel che quantomeno noi vorremmo, è stata data carta bianca a Vincenzo Scolastico, ex procuratore della Repubblica “anti-mafia”.

Questo signore è arrivato a Genova sproloquiando sui giornali di associazioni sovversive per gli anarchici e non spreca occasione, con la complicità della locale Questura, per far partire denunce per ogni bazzecola che accade in piazza.

La sua ultima trovata è questo utilizzo, mi permetto di dire, un po’ spregiudicato, delle misure cautelari e preventive in assenza di alcuna condanna, senza alcun processo. Le denunce accumulate diventano sufficienti a giustificare pesanti restrizioni delle libertà individuali, con buona pace delle democratiche illusioni sulla presunzione d’innocenza.

Come ulteriore novità la possibilità, per la Questura, di impedire la partecipazione a manifestazioni di piazza spostando arbitrariamente luogo e orario delle firme.

“C’è un corteo in centro alle 5? Ti mando a firmare alle 4 e alle 6 a Sestri Ponente, così non rompi più i coglioni!”.

La cosa forse stupisce, scandalizza e indigna. E la libertà d’espressione direte voi?

Eppure è tutto abbastanza in sintonia coi tempi che corrono.

Maroni e la Cancellieri, in qualità di Ministri degli Interni, parlano d’introdurre il Daspo per i cortei da qualche anno, se non sbaglio dal 14 Dicembre romano.

La Cancellieri lamenta che non è ancora applicabile perché, dice con rammarico, la Costituzione non lo consente.

Ora, la Costituzione non è cosa che mi riguarda e non sarò io ad invocarla o appellarmici. Vorrei solo far notare che dove, nel reprimere, non arriva la Legge, arriva l’interpretazione che della Legge danno giudici e magistrati. Ovvero, il Diritto è una farsa e quando non gli è utile, lo Stato, semplicemente, si limita ad eluderlo. Poi, con calma, lo modifica.

Il Diritto è una farsa ed è una materia malleabile ed elastica quando è maneggiata dai suoi padroni: si restringe, si adatta, si autosospende.

Non occorre aver letto tutta la letteratura sugli stati d’emergenza e d’eccezione per riconoscerlo.

Basta aver sentito qualche resoconto su come si vive all’Aquila o nell’Emilia postterremoto: Diritto sospeso, potere ai militari, infantilizzazione del cittadino, trattato come incapace d’intendere e volere.

Basta essere stati in Val Susa, per capire che quando il gioco si fa un po’ più serio lo Stato sa come comportarsi: espropri di terre, denunce per qualsiasi cosa, una montagna di procedimenti penali, misure cautelari continue, lunghe carcerazioni preventive, fogli di via… Stato d’emergenza senza fine.

Questo è lo scenario con cui le lotte sociali oggi giorno devono confrontarsi.

A Genova, quindi, in questo senso, si sta sperimentando qualcosa di nuovo. Non possono ancora vietarci, per legge, di partecipare a cortei quindi trovano il modo di obbligarci ad essere altrove. Non è un Daspo formale, ma è un Daspo effettivo. Se il Daspo non è sufficiente ecco i domiciliari.

Dei momenti di riflessione su questa situazione bisognerà attivarli, perché se a Genova passa, questo nuovo meccanismo repressivo presto sarà applicato altrove, ovunque ci sia una Procura compiacente  e un po’ bizzarra.

Anche perché i tempi futuri potrebbero riservarci momenti molto più difficili visto che  quel che succede qui è ancora poco. Si tratta di qualche occupazione, sgomberi, un’attitudine non molto rispettosa dell’autorità, e ci mancherebbe ancora… una lotta contro l’Alta Velocità, contro il Terzo Valico, ancora agli inizi, anche se i lavori, beninteso, stanno iniziando. E anche se, è bene ricordarlo, dieci giorni fa una trivella ha dovuto interrompere i lavori grazie all’intervento di alcuni compagni.

Evidentemente sono bastate queste cose ad impensierirli.

Quel che ha detto il Gip alcuni mesi fa rispetto ad altri obblighi di firma è abbastanza indicativo: più o meno “visto che in questo periodo la tensione sociale crescerà, chi ha le misure cautelari è meglio che se le tenga”.

Benissimo. Noi le misure possiamo pure tenercele, ma la Legge non potrà impedire alla tensione sociale, che di certo non determiniamo noi, di crescere. Soprattutto, la Legge non modificherà di una virgola le nostre coscienze. La Legge non può annientare le nostre ragioni, non può cambiare i cuori.

Ma allora perché usano il bastone in questo modo, che appare a molti così sproporzionato?

Forse perché sanno che non hanno più molte carote da offrire.

Forse perché sanno che le briciole che questo sistema può ancora elargire iniziano a scarseggiare. E le illusioni riformiste, anche quelle di movimento, hanno sempre meno terreno su cui poggiare.

Chi ha le case, chi ha i soldi, chi ha il potere, chi possiede la ricchezza di cui siamo derubati quotidianamente non cederà a buon mercato.

Possiamo ancora chiedere, reclamare ciò che ci viene negato per poi scontrarci contro le mura della realtà… perché lorsignori non ci daranno un cazzo.

Oppure possiamo iniziare a prenderci quello che ci serve, quello che vogliamo.

Nel farlo, trovare e scoprire nuova forza, coraggio, complici e compagni.

Nuovi spazi e nuove idee.

In molti hanno cominciato. Di certo, noi non ci fermeremo qui.

***

Intervento durante il presidio di San Lorenzo di un indagato agli obblighi di firma

Viviamo in un mondo che nega. Nega ogni possibilità di crescita e di espressione. Nega agli audaci, agli arditi, ai generosi e volenterosi, nega ai sognatori e nega agli amanti. Questo è il quadro ideale che sostiene l’esperienza e il percorso di giustiniani 19. Questo è il quadro ideale che abbraccia 10, 100, mille esperienze e percorsi analoghi, a genova, come in qualsiasi altra città o luogo periferico di questo pianeta.

Il tentativo di rompere il velo delle viltà e spezzare il ricatto della paura, il tentativo di accendere una piccola fiammella che potesse tramutarsi in una luce e in uno spiraglio con una prospettiva in questi tempi cupi e insopportabili è stato stroncato il 7 agosto 2012, dopo circa 10 mesi di occupazione e sperimentazione, in modo violento, sprezzante e arrogante dall’azione delle forze dell’ordine di concerto con magistratura e potere politico locale, con l’avallo e lo stimolo dei poteri politici centrali.

Analogamente ciò è accaduto in settembre per lo stabile di piazze delle vigne, riaperto dalla libera occupazione di decine di persone, dopo 18 anni di abbandono e tentativi speculativi nonché autentico degrado.

Il tentativo di resistere e opporsi allo sgombero del 7 agosto 2012 da parte di decine di persone mobilitatesi e accorse in strada non è stato digerito dagli stessi poteri che lo hanno determinato. Tutto questo ha portato per il momento al fatto che dal 12 dicembre 4 nostri amici e compagni sono ristretti con misure cautelari agli arresti domiciliari. Altri 7 hanno misure che prevedono la doppia firma giornaliera presso commissariati cittadini e ancora due di essi sono stati denunciati a piede libero.

Qualcun altro interverrà e vi illustrerà meglio queste misure e il loro reale significato. Personalmente voglio soltanto ricordare che solo un mese fa un’altro ragazzo e compagno di giustiniani 19 è stato colpito da misure cautelari con accuse gravissime e inaccettabili di devastazione e saccheggio per la manifestazione del 15 ottobre 2011 a ROMA, e che egli ora si trova ai domiciliari.

Mesi prima sia a genova che nel resto d’italia diversi compagni, attivisti e antagonisti sono stati colpiti da differenti misure cautelari e da diverse accuse, tutte assolutamente indiziarie e tutte assolutamente preventive e tese a far tacere compagni attivi sui fronti di lotta in vario modo e a vario titolo da mesi, anni , decenni.

Ancora in questi giorni, studenti, militanti politici, attivisti di varie aree sono stati colpiti nel nord italia da misure cautelari nonché diverse perquisizioni.

Queste in breve sintesi le ragioni che ci hanno portato qui oggi in piazza per questo presidio e che purtroppo, molte volte accompagnano le iniziative pubbliche, dalle assemblee e momenti d’incontro alle manifestazioni e cortei, che vengono organizzate e che sono state organizzate nel corso di questi ultimi anni a genova ma non solo.

Vorremmo parlare di tanti altri aspetti dell’esistente ma le forze dello stato ci costringono, ancora  oggi ,come tante altre volte a soffermarci sugli aspetti e sugli effetti della repressione che colpisce in prima istanza tutti noi amici, compagni, fratelli in tante battaglie di giustizia e di libertà ma che in realtà colpiscono a 360% tutto il fronte degli sfruttati, dei diseredati e degli oppressi anche in questi tempi caratterizzati dalla massima circolazione delle merci e dalle imposizioni di una società super tecnologica che continua a vivere di soprusi e di rapine ai danni dei più deboli e degli esclusi.

Purtroppo ciò accade a causa anche del fatto che molti, tanti, tra i cosidetti cittadini, persone che potrebbero coltivare ben altri interessi lontani dal compromesso con le istituzioni, affrontando tutti insieme la paura e i ricatti a cui veniamo sottoposti quotidianamente, vivono rassegnati.

Lo stato ed i suoi apparati, purtroppo, sono ancora molto forti, nonostante le crisi e i cicli di ristrutturazione che attraversano le fasi di sviluppo e di riassetto del capitalismo.

Lo resterà di sicuro fin tanto che accetteremo di

essere governati essendo guardati a vista, ispezionati, spiati, diretti, regolamentati, recintati, indottrinati, catechizzati, controllati, valutati, censurati, comandati, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la conoscenza e la competenza, né la virtù.

E ancora…accettare di essere governati vuol dire essere, ad ogni azione, ad ogni transazione, ad ogni movimento, annotato, registrato, censito, tariffato, timbrato, squadrato, ammonito, quotato, patentato, licenziato, autorizzato, impedito, riformato, raddrizzato, corretto. Vuol dire essere tassato, addestrato, taglieggiato, sfruttato, monopolizzato, concusso, spremuto, mistificato, derubato, e, alla minima resistenza, alla prima parola di lamento, represso, emendato, vilipeso, vessato, braccato, tartassato, accoppato, disarmato, ammanettato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito, e per giunta schernito, dileggiato, ingiuriato, disonorato, tutto con il pretesto della pubblica utilità e in nome dell’interesse generale, come sostenevano  giustamente e lucidamente liberi pensatori già nel diciottesimo secolo. 

Possiamo non sottostare a tutto ciò. Vi sono ancora oggi decine e centinaia di esperienze a cui ispirarsi per auto_organizzarsi e liberarci da qualsiasi forma di tirannia, governo, autorità e repressione.

Nonostante sgombero e denunce noi non ci fermeremo. Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Continueremo a tenere alta la testa nonostante minacce e arresti.

Trovandoci oggi qui di fronte alla cattedrale, un tempio dei credenti sempre pronti a stracciarsi le vesti sentendo minacciati i loro affari e i loro interessi, vogliamo ricordare loro, e soprattutto ai più semplici e più in buona fede, che anche il papa Paolo VI affermava che “La proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario.”

Bene. Tutti riflettano. Al pari delle condizioni avverse e di miseria in cui siamo ancora costretti a sopravvivere le occupazioni continueranno e così pure la resistenza ai tentativi di sgombero e sfratto.

Per quanto ad alcuni possa sembrare utopico il nostro orizzonte sta sempre nella volontà e determinazione di stroncare radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Ancora auspichiamo e desideriamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; Ancora noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani e senzienti i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo etico, spirituale e materiale; E cosi ancora noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, sapere e conoscenza, liberi e  gratuiti, senza ricatti, meritocrazie fasulle e sopraffazioni.

Solidarietà a tutte le donne e gli uomini costretti nelle prigioni materiali e immateriali del presente.

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Alcune considerazioni di un solidale

Quelle che seguono sono considerazioni che – a titolo personale come cittadino, oltre che come giornalista (tessera professionale 68869) – vorrei rendere di pubblico dominio per stimolare una riflessione il più ampia possibile sulla stato di salute della legalità nel nostro paese.

Le misure cautelari inflitte oggi ad alcuni giovani per episodi avvenuti in concomitanza, ed a causa, dello sgombero della casa occupata di via dei Giustiniani allungano l’elenco di provvedimenti nei confronti di quella che – con molto pressapochismo – viene definita area anarco-insurrezionalista. Provvedimenti che riguardano avvisi orali e fogli di via emessi da numerosissime questure italiane, provvedimenti come i “daspo” applicati alle iniziative politiche e culminati poi con la raffica di arresti ordinata nel gennaio di quest’anno dal procuratore Caselli e seguite da altre procure.

In un documento (vedi allegato) del settore carcere e giustizia di arci genova, già nel 2009 denunciavamo l’illegittimità di avvisi orali e fogli di via in quanto i primi colpiscono comportamenti di natura politica che nulla hanno a che fare con la sicurezza e la pubblica moralità ed entrambi violano palesemente l’articolo 16 della costituzione che afferma che per quanto riguarda la libertà di circolazione e di soggiorno “Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”.

La retata voluta da Caselli – una raffica di arresti per episodi avvenuti numerosi mesi prima – ha dato però una svolta trovando subito nuove procure pronte a seguirlo.

E’ importante a questo punto ricordare quanto affermato da un’autorevole voce – l’ex magistrato Livio Pepino, già presidente di Magistratura Democratica – a seguito della retata Caselli. In un articolo (Il Manifesto 29/01/12) in cui faceva una lucida e puntuale analisi del provvedimento Pepino scrive che la retata ” non è una forzatura soggettiva…. È qualcosa di assai più grave: una tappa della trasformazione dell’intervento giudiziario da mezzo di accertamento e di perseguimento di responsabilità individuali (per definizione diversificate) a strumento per garantire l’ordine pubblico.” E dopo aver analizzato gli aspetti salienti, e negativi del provvedimento, conclude affermando che “Tanto basta per segnalare che la questione riguarda direttamente il rapporto tra conflitto sociale e giurisdizione e non solo – come si cerca di accreditare – alcune frange isolate ed estremiste.”

Infine un’annotazione di cronaca, per completezza dell’informazione: il magistrato che ha coordinato le indagini è il procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico, capo della procura di Savona e poi trasferito alla procura di Genova, dove lo scorso aprile è stato rimosso dalla direzione distrettuale antimafia.

Concludo con un’ultima dichiarazione che sento di dover fare. In occasione dello sgombero della casa occupata, che peraltro ho avuto modo di frequentare, ho espresso la mia solidarietà agli occupanti mettendo a loro disposizione, con il consenso del responsabile dell’associazione, gli spazi della nostra sede per depositare i loro bagagli “essendo stato consentito agli ex occupanti di recuperare i propri effetti personali”, come si legge nel documento della Procura. Se non fossi stato impegnato nella veste di “custode” improvvisato, anche a tutela dei ragazzi e dei loro effettui personali, non avrei esitato ad unirmi alle proteste per lo sgombero, probabilmente con modalità diverse da quelle .di alcuni dei manifestanti, ma in ideale sintonia con loro. Credo infatti che la storia di questo paese dimostra che le conquiste si fanno e si difendono con la lotta politica, mettendosi in gioco in prima persona e non aspettando che piovano dall’alto.

Un’ultima riflessione: oggi 12 dicembre 2012 sui giornali non si parla della strage fascista alla banca dell’Agricoltura del 1969 ma dei funzionari arrestati con l’accusa di corruzione al ministero dell’Agricoltura. Segno dei tempi?

Genova, 12/01/2012

Alfredo Simone

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