Nuova occupazione abitativa a Genova – via Gramsci 11

Sabato 13 giugno….

Dopo le palazzine in via Pré e vico Sant’Antonio (zona Pré), occupate l’anno scorso, il movimento di lotta per la casa genovese prende possesso di un altro edificio, sempre in centro storico, in via Gramsci 11, proprio di fronte al porticciolo degli yacht…

Chiunque è invitato a passare…

di seguito volantino e qualche foto dell’occupazione..

Una nuova casa…

Sabato 13 giugno abbiamo occupato un edificio in Centro Storico. Appartamenti vuoti da tempo saranno nuovamente abitati da chi ne ha bisogno: perché una casa serve a tutti.

Ma in questa città c’è chi ce l’ha, una casa, e chi non ce l’ha. C’è anche chi ne ha molte, le affitta a caro prezzo e poi sbatte in mezzo alla strada chi non ha i soldi per pagare. C’è chi la casa te la sequestra perché non puoi più pagare il mutuo, c’è chi ne amministra decine di migliaia ma non le assegna mai, tenendole vuote per i propri affari o per incapacità. C’è poi chi le case le lascia sfitte attendendo l’aumento dei prezzi per poterci guadagnare speculando.

C’è anche chi amministra immensi patrimoni immobiliari, interessandosi più al bilancio annuale che ai bisogni dei poveri verso cui vorrebbe apparire caritatevole. Le case che abbiamo occupato sono una piccola goccia in quel mare di proprietà ecclesiastiche utilizzate per guadagnare, e non per rispondere ai bisogni. Ora nessuno ci speculerà più sopra, nessuno pagherà più un affitto per avere un tetto sopra la testa, ora quelle case risponderanno davvero, e senza scomodare la carità cristiana di papi e cardinali, ai bisogni di chi ci vive.

Come già è avvenuto per le case di Via Prè e molte altre, occupare queste case non vuol dire solo contrastare l’impoverimento generale, non solo sottrarle al mercato immobiliare e rallentare i processi speculativi, ma anche portare avanti un modo diverso di vivere. Se non vogliamo che i nostri quartieri diventino oasi per ricchi, speculatori e vetrine per turisti è necessario sviluppare un modo diverso di abitare le nostre strade, basato sull’aiuto reciproco e su rapporti solidali, facendo sì che i poveri si difendano e non siano più soli e isolati di fronte all’arroganza dei più forti che vorrebbero scacciarli.

Le occupazioni di questi anni, le resistenze agli sfratti, le lotte contro l’art. 5 e quelle per le residenze e le utenze, sono piccoli pezzi verso la costruzione di una forza sociale che possa opporsi alle logiche di profitto che determinano le nostre vite. Il movimento di lotta per la casa, in questa città, sta cercando proprio questo: organizzandosi a partire dai propri bisogni, confrontandosi con chi condivide tali necessità, mettendo in comune le nostre difficoltà, ma anche i nostri desideri e i nostri sogni.

 

Venite a trovarci in via Gramsci 11

 

nuova

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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A.A.A. prendesi casa… in tempi di crisi.

A.A.A. prendesi casa… in tempi di crisi.

Come ogni anno Genova accoglie in piazza Caricamento la Festa Democratica.

Tra uno stand della Folletto, una piadina romagnola e dibattiti di basso livello il Partito Democratico rivela sempre di più la sua natura: un partito di amministratori in un epoca in cui amministratore coincide sempre più con affarista. Da anni non ha neanche più pretese pseudoriformiste, più che altro il PD fa affari. Li fa sulla sua Festa, dove le paghe sono misere e in nero, li fa sul Terzo Valico, li vorrebbe fare sulla Gronda.

A livello nazionale i suoi dirigenti sono perfettamente inseriti nella casta, intenzionati a rimanere al potere e in perfetta linea con le direttive europee sulle misure economiche e sull’austerity.

Dove il PD non fa affari, difende quelli altrui. Un partito di affaristi non può che governare in nome dell’economia, difendendo il profitto, privatizzando, svendendo, garantendo la speculazione edilizia e immobiliare.

Ieri alla Festa Democratica si parlava di casa (“A.A.A. Cercasi casa in tempi di crisi“). Non siamo andati a dire la nostra. Cosa dovremmo dire a chi parla di cose che non conosce? O a chi, se le conosce, si trova nell’impossibilità materiale di poterle affrontare? In un comunicato stampa del Ferragosto scorso in riferimento alle occupazioni di piazza delle Vigne 4 e vico Untoria 3 la Giunta invitava al dialogo e dichiarava di “prestare la massima attenzione all’emergenza casa” e di porsi in continuità con l’amministrazione precedente.

Si riferiscono forse all’Agenzia sociale per la Casa creata dalla Giunta Vincenzi, quella che pone come criteri minimi per potervi accedere un reddito tra i 10500 e i 30600 euro e non avere mai avuto sfratti per morosità?

Viene da ridere e verrebbe da chiedersi dove dovrebbero vivere i disoccupati, i clandestini, i precari, i lavoratori in nero, gli sfrattati… ma abbiamo poca voglia di stare a scherzare.

Le amministrazioni pubbliche e la Politica in generale non hanno ne la volontà ne la possibilità di risolvere le decine di emergenze sociali che ci troveremo ad affrontare nei prossimi tempi, si tratti di licenziamenti, rincari, sfratti.

In questo senso l’operazione Doria è doppiamente pericolosa perché si pone come un governo (falsamente) vicino ai cittadini e partecipato; soprattutto Doria è pericoloso perché vorrebbe illuderci di potersi svincolare dai poteri forti locali, in nome dei quali in realtà amministra la città.

Ciò che non produce profitto non può essere interessante per chi detiene il potere, a prescindere dal colore e dalla bandiera. Non c’è alcuna democrazia partecipativa che tenga, nessun neowelfare possibile all’orizzonte.

Di cosa dovremmo dialogare quindi?

Oggi occupiamo l’edificio di vico del Duca, a dieci metri da Palazzo Tursi, perché è vuoto da anni, come molti altri. Non a caso è di proprietà del Comune, ristrutturato ma non terminato, appetibile perché a due passi da Via Garibaldi, problematico perché a quattro passi dalla Maddalena. Si attendono tempi migliori, immaginiamo, con maggiori profitti e magari con una bella riqualificazione del quartiere che allontani poveri e immigrati.

Apriamo, solo per qualche ora, l’ennesimo spazio vuoto per mostrare cosa e chi c’è dietro alla speculazione immobiliare e all’emergenza abitativa, e che gli spazi, per chi ne ha bisogno, ci sono.

Lo occupiamo soprattutto per mandare qualche messaggio.

Quello che abbiamo è quello che ci siamo presi e dove siamo restiamo. Se le autorità pensano di sbarazzarsi di noi mettendo le mani sulle Vigne e Untoria così come hanno fatto con Giustiniani, a suon di sgomberi e denunce, ci troveranno alle loro porte, nelle strade e chissà dov’altro ancora.

A tutti coloro che sono in condizioni simili alle nostre o semplicemente si sono stancati di fare un lavoro di merda per pagare affitti indecenti e vivere con l’acqua alla gola, diciamo che bisogna resistere, perché ci stanno togliendo anche quel poco che ci resta!! Bisogna iniziare ad organizzarsi, perché nessuno altrimenti ci concederà alcunché.

Tutto ciò che ci manca e che ci viene negato è da sempre nelle mani dei soliti.

E’ giunta l’ora di allungare le mani.

Le case sfitte a Genova sono 44mila.

Prendiamole, occupiamole, perché basta poco. A volte basta una pedata ad una porta.

vigne 4 occupato, untoria 3 occupato,

giustiniani19 in esilio, amici e solidali

fipbalbi4 11/09/12

testo distribuito l’11 settembre in via Garibaldi e in zona maddalena durante la temporanea occupazione di Vico del Duca e la sera alla festa del PD durante l’intervento di Marco Doria…

Dialogare con chi? Partecipare a cosa?

Abbiamo letto con interesse gli articoli sulla stampa genovese di questi giorni riguardo alle ultime occupazioni in città.

Abbiamo letto anche le dichiarazioni dei responsabili di A.r.t.e. e di Arred così come quelle del sindaco Doria e il comunicato stampa del Comune di Genova.

Anche l’ex segretario CGIL ed ex sceriffo di Bologna Sergio Cofferati ne ha approfittato per uscire dalla scarsa considerazione pubblica di cui gode ultimamente. A parte invocare per chi occupa la “tolleranza zero”, e lui è un esperto, non si capisce uno che campa con lo stipendio da europarlamentare e che ha passato la vita a distruggere le condizioni materiali di milioni di proletari, cosa possa saperne e come possa permettersi di parlare di “bisognosi”.

Si fa un gran parlare e pare che sull’esigenza abitativa tutti si mostrino improvvisamente molto sensibili.

Evidentemente le recenti occupazioni e sgomberi stanno costringendo gli amministratori cittadini a prendere una posizione su un dramma sociale di cui sono tra i primi responsabili: centinaia di persone sono senza un tetto o nell’impossibilità materiale di permetterselo, al contempo migliaia di case restano vuote, sfitte, per pura speculazione, per mantenere alti i prezzi del mercato immobiliare. Qualcuno, non solo noi e ci mancherebbe altro, occupa.

Ora però, di fronte a questo teatrino mediatico montato, alcune cose devono uscire dall’ambiguità.

Intanto, Vladimiro Augusti, amministratore unico di Arte, ha poco da preoccuparsi per “gli affreschi e il patrimonio artistico da preservare” di Vigne 4. Strano che non l’abbiano preservato in questi ultimi quindici anni, in cui, come al solito, si sono preoccupati solo della facciata. Chiunque può venire a vedere lo stato di degrado e incuria in cui giace l’edificio, anche solo attraverso la mostra fotografica allestita ogni giorno in piazza delle Vigne. Non c’è nessun danneggiamento in atto, peggio di loro non possiam fare.

Noi abbiamo occupato Vigne 4 e vico Untoria 3 in conseguenza allo sgombero di Giustiniani 19.

Ci hanno tolto le case e gli spazi sociali. Ce ne siamo presi altri.

Il gioco dello scaricabarile non può durare a lungo. La Giunta si assuma le sue responsabilità, altrimenti che si prenda atto di quanto poco la Procura e la Questura locali la tengono in considerazione.

Detto questo, la lotta per la casa non si esaurisce con le occupazioni di qualche antagonista: a breve in molti dovranno scegliere come organizzarsi di fronte alla crisi e alla miseria che avanza. Se condurre una vita di stenti e sacrifici o iniziare a non pagare, non pagare più per arricchire i soliti.

Ci auguriamo di essere presto solo alcuni tra i tanti, al loro fianco.

Noi non abbiamo troppo questionato la lentezza delle assegnazioni: essa è un fatto storico e connaturato nei suoi meccanismi burocratici, utile perché più la gente sta in attesa, con l’acqua alla gola, più è ricattabile.

Abbiamo piuttosto contestato il bando di Untoria in sé stesso e quanto scrive Tursi nel suo comunicato stampa conferma le ragioni per opporvisi.

Il comune dice che “le tipologie di reddito e le condizioni per l’assegnazione differiscono a seconda degli interventi proprio per garantire… in definitiva l’accesso alla casa anche per le persone a bassissimo reddito”.

Il suo progetto è quindi di collocare le persone in modo classista. Cosa significa?

Significa, per chi conosce i risultati storici di una certa urbanistica, Edilizia Popolare, significa appartamenti fatiscenti, servizi inesistenti o quasi, significa Begato, il Cep, piazzale Adriatico, il Biscione, significa i poveri ammassati nelle periferie, nei quartieri dormitorio accanto ai veleni industriali o nel bel mezzo della cementificazione più selvaggia.

Hanno costruito le città a misura di profitto, hanno trattato le valli, i quartieri e le persone come pedine sullo scacchiere dei loro interessi.

Lo hanno fatto per decenni. Altri anni? Altri politici? Altri modelli di sviluppo?

No, sono sempre gli stessi. E sono gli stessi di sempre. Dalle loro villette d’Albaro, nei palazzi di Castelletto o via Garibaldi, pretenderebbero ancora di decidere chi deve abitare dove e cosa dev’essere riqualificato e come.

Pretendono ancora di bucare le montagne, di espropriare le case della gente, di costruire infrastrutture devastanti utili solo a padroni e mafiosi. Sono ancora lì, mentre piovono licenziamenti, debiti, sfratti, tagli a qualsiasi cosa, a dirci, senza alcuna vergogna, che dobbiamo andarcene dall’occupazione di Vigne 4 perché devono spendere quattro milioni di euro per farci un museo del cioccolato!

Dovremmo davvero dialogare con loro? Per partecipare a cosa?

Pensano ancora di poterci imporre delle “condizioni imprescindibili” dopo che ci hanno tolto tutto?

Dovremmo avere “rispetto per una democrazia e una legalità” che esistono unicamente per garantire il privilegio e bastonare chi alza la testa?

Vincenzo Scolastico, il pm che ha richiesto lo sgombero di Giustiniani 19, che da mesi riempie di denunce noi, gli studenti, gli operai Fincantieri e che prova a teorizzare improbabili reati associativi, è stato sollevato dall’incarico Antimafia per collusione con… la mafia.

Hanno poco da farci la morale, ma soprattutto, sia chiara una cosa: noi non abbiamo mai firmato nessun contratto sociale, non abbiamo mai partecipato alla definizione di regole comuni, tantomeno leggi, con chi ha la pretesa di governarci. Il loro potere non ha alcuna legittimità e deriva solo dalla loro forza, dal monopolio della violenza, che è quella che mettono in campo quando qualcuno si ribella: manganelli e galera.

Il problema della casa non è un problema nostro ma di tutti. Precisamente, la casa è una piccola parte della più ampia questione sociale. Qui non c’è nessuna guerra tra poveri. Se c’è una guerra in corso è quella condotta contro i poveri.

E’ una guerra quotidiana ed eterna. Si tratta di subirla o reagire.

Noi siamo tra quelli che tentano di non subire solamente. Vogliamo indietro tutto, e lo vogliamo per tutti.

Possono sgomberarci ancora, possono blindare tutti i palazzi vuoti che apriremo, possono mettere la celere davanti a ogni portone. Noi continueremo per la nostra strada, perché crediamo che solo noi, col nostro agire diretto possiamo soddisfare i nostri bisogni, che solo attraverso la lotta autonoma si possano ottenere dei risultati concreti.

Chiedendo, protestando, niente ci verrà concesso.

Continueremo a difendere quel che conquisteremo. Soprattutto continueremo a difendere l’affetto e la solidarietà ricevuta in questi giorni e in questi mesi. Quelli che decidono nei Palazzi del potere non possono capirlo ma questo è quello che ci fa andare avanti, che ci dimostra di essere sulla strada giusta. La convinzione delle nostre possibilità, di quel che possiamo costruire insieme ad altri è più forte dei manganelli e delle minacce.

Noi andiamo avanti. Non cediamo alle intimidazioni.

10 100 1000 occupazioni.

centro storico genovese, Ferragosto 2012

quelli/e di Giustiniani 19, di Vigne 4 occupata, di vico Untoria 3 occupato, amici e compagni

Ci togliete la casa, ci riprendiamo tutto – Occupato vico Untoria 3

Oggi 12 agosto prendiamo possesso dei sei appartementi di Vico Untoria 3, nel Ghetto del centro storico genovese. Li occupiamo perché siamo tutti senza una casa, da quando, martedì 7 agosto, le autorità genovesi hanno deciso di sgomberarci dalla casa occupata di via dei Giustiniani 19. Li occupiamo perché non possiamo permetterci un affitto e perché riteniamo giusto e legittimo non pagarlo nel momento in cui decine di migliaia di spazi, abitativi e non, vengono lasciati vuoti e inutilizzati dalle amministrazioni pubbliche, dalla Chiesa e da ricchi privati di vario genere per mantenere alti i livelli del mercato immobiliare. Li occupiamo perché vogliamo continuare a vivere insieme, perché crediamo che l’autorganizzazione e la condivisione reale siano anch’esse modi per fronteggiare la miseria materiale e affettiva a cui l’attuale società costringe tutti quanti.

Occupiamo questo edificio consapevoli che a fine mese partirà un bando di concorso per la sua assegnazione.

I proprietari, Ri.Genova e il Comune, diranno che rubiamo le case ai poveri, che ostacoliamo un progetto sociale, un esempio concreto di sana gestione della “cosa pubblica”.

Non è così. Abbiamo letto il bando e abbiamo capito le reali intenzioni del Comune e di Ri.Genova su questo edificio e sulla generale riqualificazione di questa fetta di centro storico.

Abbiamo capito che per la giunta Doria, quella dell’amministrazione partecipata, la giunta vicina ai cittadini, per avere “diritto” ad una casa bisogna, sostanzialmente, non essere poveri. Di fatto bisogna avere tutte quelle garanzie sociali che da anni stanno venendo meno come un lavoro fisso e un reddito stabile. E’ necessario non avere debiti con Equitalia o enti affini, non aver subito sfratti per morosità (proprio nella città che ne presenta, con il 73%, la più alta percentuale d’Italia); meglio ancora essere una coppia etero e un nucleo familiare tradizionale.

Tutti questi criteri di assegnazione evidenziano uno scollamento dalla realtà sociale fatta di precarietà, disoccupazione, indigenza e la volontà di escludere una buona fetta di popolazione con bisogni e necessità urgenti, dettati proprio da quelle condizioni materiali e umane non considerate prioritarie dal Comune. Si escludono anche tutte quelle forme di convivenza e condivisione non normate, liberamente scelte e praticate come sostegno e appoggio reciproco alternative alla famiglia tradizionale.

Si tratta di una scelta precisa che mostra quale tipo di riqualificazione l’amministrazione vuole attuare, guardando anche agli altri interventi che si stanno portando avanti.

Il quartiere del Ghetto, oggi presentato come una delle zone buie del centro storico, in mano al degrado, allo spaccio e alla criminalità, con un’altissima precentuale di immigrati, dovrebbe subire quella serie di interventi urbanistici tipici ormai di moltissimi centri cittadini d’Europa e nota come gentrification: rimessa a nuovo estetica, innalzamento dei prezzi immobiliari e commerciali, espulsione dei suoi storici abitanti e comunità popolari ed inserimento di nuove fasce di popolazione abbienti per rimodellarne il volto.

Non vi sarà alcun posto, nel Ghetto del futuro, per chi lo vive, lo anima e lo valorizza con la sua presenza. Piuttosto diventerà una vetrina chic per i turisti, con la sua particolarità storica mantenuta solo di facciata, abitato da manager e ricchi con pruriti alternativi.

Un processo di questa portata non si realizza da un giorno all’altro. Non sarebbe possibile, oggi, alzare di molto il valore immobiliare reale di questo quartiere. E, soprattutto, nessun ricco vi si inserirebbe, ora.

Ecco il perché di un bando simile. Inserire una fascia di popolazione intermedia che contribuisca a modificare a poco a poco la realtà sociale, spostando progressivamente i poveri lontano dal centro e ammassandoli nelle periferie.

Noi rifiutiamo di accettare la completa distruzione della comunità umana, del carattere popolare dei quartieri che ancora la conservano. Pensiamo che solo i rapporti reali e concreti della gente che li abitano possano valorizzarli e renderli vivi.

Noi non riconosciamo all’amministrazione comunale alcuna leggitimità per decidere sui nostri e altrui bisogni. Per queste ragioni ci riprendiamo una piccola parte di ciò che è anche nostro.

Noi siamo gli invendibili, gli incollocabili, quelli che, come tanti, non corrispondono ai criteri dell’assegnazione.

Da oggi siamo qui.

Il bando è chiuso.

giustiniani 19 in esilio