Il primo maggio del 1886 esplode a Chicago lo sciopero convocato dalle prime associazioni operaie, in lotta per la giornata lavorativa di otto ore. Migliaia di lavoratori partecipano a grandi manifestazioni a cui lo Stato risponde con la polizia, assassinando 9 persone.
Due giorni dopo, nuove manifestazioni di protesta in cui si verificano scontri con le guardie private dei padroni (Pinkerton), mercenari maestri nel rompere i picchetti degli operai. Quando arriva la polizia è una nuova carneficina, il fuoco lascia sul selciato altri 6 morti. Nella stessa giornata la polizia interviene per interrompere un comizio anarchico, dove avevano già parlato Spies, Parsons e Fielden in una situazione di tensione ed emozione palpabile. Dalla massa di lavoratori presenti al comizio viene lanciata una bomba contro la polizia che provoca un morto e vari feriti. Si scatena la repressione: arresti e molti altri morti.
Tra gli arrestati ci sono socialisti, comunisti, sindacalisti, anarchici, tra cui Albet Parsons, August Spies, Michael Schwabb, George Engel, Adolph Fischer, Louis Lingg, Samuel Fielden e Oscar Neebe che il 28 di Agosto del 1886 vengono condannati per l’attentato: Neebe a 15 anni di prigione, Schwabb e Fielden ai lavori forzati, per tutti gli altri la sentenza è di morte. Ling si suiciderà in prigione mentre l’11 novembre verranno impiccati Spies, Fischer, Engel e Parsons.
Da allora i cosiddetti “martiri di Chicago” appartengono alla memoria storica di coloro che non hanno mai smesso di combattere contro la schiavitù. Da allora e per decenni a venire, quelle nere giornate di maggio sono state vissute dalla classe operaia come giornate di lotta allo sfruttamento, all’oppressione, all’oblio.
Oggi, e ormai da tempo, l’oblio è invece caduto su quei fatti e sul loro significato. L’oblio è caduto su tutta una tradizione e un tramandarsi di lotte, di battaglie, di dolori e sangue, di gioie e speranze.
Grazie ai sindacati di regime il Primo Maggio è stato svuotato del suo valore, grazie allo Stato è diventato una festa, grazie a certa sinistra una giornata in cui glorificare il lavoro salariato.
Sta a chi invece nutre ancora quella speranza, a chi ancora porta con sé quella memoria, ripercorrere e rinnovare quel filo rosso che attraversa le generazioni portando con sé l’idea di un mondo senza classi e senza Stati, portando con sé un sogno di libertà.
Noi siamo ancora qui, non pacificati e non rassegnati ad un Capitale che domina in modo ormai totalizzante ogni aspetto delle nostre esistenze e che oggi torna ad attaccarci con nuova e vigorosa forza.
Noi siamo ancora qui perché esistono ancora gli sfruttati e gli sfruttatori, perché esistono ancora le guerre, perché ancora uomini e donne vengono chiusi a chiave in una cella, perché la Legge, il bastone e quando serve il piombo colpiscono chi si ribella, perché ancora qualcuno decide sulle vite di tutti e su di esse fonda il proprio privilegio.
Noi siamo ancora qui al fianco di chi si organizza, di chi resiste, di chi alza la testa e combatte.
Per questo la memoria non si cancella, per questo il sogno non muore, per questo la guerra sociale continua.
Un giorno la classe dominante riceverà, da mano anonima e tremenda, il conto da pagare.
“Addio, arriverà il tempo in cui il nostro silenzio sarà più forte delle nostre voci, che oggi soffocate con la morte”. August Spies di fronte ai suoi assassini