Presidio informativo e solidale a San Lorenzo


MERCOLEDI’ 19 DICEMBRE
Presidio ore 16.30 piazza San Lorenzo, Centro Storico, Genova

SOSTENIAMO I COMPAGNI E LE COMPAGNE
N°POSTEPAY
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intestato a Franciosi Chiara

Liberarci tutti!
Mercoledì 12 dicembre 11 compagni hanno ricevuto  la notifica di una serie di misure cautelari (4 arresti domiciliari, 7 obblighi di firma giornalieri), nominalmente per atti compiuti durante lo sgombero di Giustiniani 19 avvenuto il 7 agosto.
Le  misure  vengono  date  non  in  quanto  “sanzione”  dei  reati  commessi,  ma  come  “prevenzione”  di  reati  ancora  da compiere: si tratta infatti di misure cautelari preventive, disposte per impedire la reiterazione del reato e per “sorvegliare e punire” coloro che dimostrano di avere un comportamento che non può essere “corretto” altrimenti.
Diciamo “nominalmente” perchè, da una parte, gli atti di cui si parla, gli atti per cui si sottrae la libertà alle persone e si sottraggono  le persone ai propri compagni sono… cosa? Si parla di sputi, cori,  insulti… addirittura  il  lancio di pericolose bottigliette d’acqua! Atti criminosi della peggior  specie, che  rivelano quello che  sembra essere  il delitto più efferato di tutti:  resistere.  Resistere  allo  sgombero,  resistere  alla  polizia,  alla  violenza  dello  Stato.  Un  altro  reato  ignominioso  si profila: ribellarsi, esprimere la propria rabbia e la propria determinazione.
Ma nell’Italia del 2012,  in questo  terreno che vorrebbero pacificare e sedare, quando prendon vita  i  semi del dissenso bisogna diserbare: sradicare le persone dalla loro vita e dalle loro pratiche. Dalle loro passioni e dai loro affetti.
Diciamo  “nominalmente” anche perchè queste accuse non  sono  che un chiaro pretesto che maschera, e neanche  tanto bene,  la  realtà  che  si nasconde dietro questa mossa  repressiva. Una  realtà espressa  senza mezzi  termini dalla notifica stessa,  che  elenca  nei  minimi  particolari  i  “curricula”  delle  persone  incriminate,  tracciando  un  minuzioso  profilo psicologico di quei soggetti che rappresenterebbero una minaccia per il quieto vivere della società.

Digos, questura e magistratura  si  sono unite di buon grado per questa manovra epuratrice, per questa eugenetica del conflitto: eliminare i devianti, storpiare le lotte, cercare di riuscire finalmente a far tacere le voci dissonanti. Poco importa che  l’intera manovra sia stata costruita ad arte, sproporzionata rispetto alle misure cautelari  imposte. Quel che conta è colpire e disgregare le realtà che si stanno muovendo nelle varie situazioni di conflitto: occupazioni, Terzo Valico, NoTav, contro tutte le situazioni di oppressione che quotidianamente ci troviamo davanti.

Viviamo in un mondo dove regna il capitale, dove chi non ha non è, dove la scelta è fra morire di fame e morire di lavoro: e chi dice di no, chi si ribella, chi cerca di costruire momenti liberi dalle relazioni quotidiane di sopraffazione che subiamo tutti giorni viene allora colpito drasticamente.  Il messaggio è chiaro: accettare  la dose di merda giornaliera o  subire  la punizione.  Punizione  che  viene  con  grazioso  eufemismo  chiamata  “misura  afflittiva”,  l'”afflizione”  costituendo  nella limitazione, più o meno  “blanda”  (come dicono  loro) della  libertà. Ma questa  libertà non  ci  viene  tutti  i  giorni negata,
limitata… afflitta? Non è questa misura la conferma palese ed esplicita della realtà in cui viviamo, della società carceraria che ci circonda, dove ognuno è rinchiuso nel suo piccolo recinto fatto di lavoro alienante (chi ce l’ha), di affitti da pagare, di lotta per la sopravvivenza…?
Noi non vogliamo lottare per sopravvivere, vogliamo lottare per vivere.

Quello che qui si vorrebbe far passare è una spoliazione del valore ideale e materiale del nostro agire: come se la nostra, presunta  o meno,  commissione  di  reati  si  avvicini  alla  patologia,  visto  che  si  giustifica  la misura  sostenendo  che  “gli indagati non sono in grado di trattenersi dal delinquere”.
Il problema è che se delinquere è resistere ad uno sgombero (peraltro davvero poco efficacemente), resistere o reagire alla violenza poliziesca, dire “assassini” e “servi” a degli assassini e dei servi, cacciare razzisti e fascisti di varia sorta dai luoghi in cui abitiamo, occupare case per vivere e sottrarsi alla rapina dell’affitto e spazi per incontrarsi e autorganizzarsi, se  delinquere  é  solidarizzare  con  altri  compagni  detenuti  o  con  gli  immigrati  reclusi,  bloccare  il  traffico  o  le  stazioni quando  lo Stato occupa militarmente un’intera valle col proposito di violentarla, bloccare fisicamente  l’arroganza di chi
vuole espropriare case e  terreni per opere devastanti….se  tutto questo significa delinquere, se resistere significa essere criminali, diciamo chiaramente che i “moniti” punitivi e pseudoeducativi della Procura non serviranno a nulla.
Diciamo chiaramente che continueremo a resistere ma anche che di fronte alla situazione sociale che viviamo, resistere non basta più. Occorre  imparare a difendersi e praticare  la solidarietà. Occorre  immaginare come costruire momenti di rottura e percorsi di  liberazione, condividerli, estenderli, generalizzarli. Percorsi dove  tutti ed ognuno,  in autonomia e libertà, possano trovare il proprio spazio e dare il proprio contributo. Occorre combattere.
Che nessuno si trattenga.

Solidarietà a tutti gli inquisiti.
Libertà per Francesco.
Libertà per Sofia, Enrico, Mattia, Christian.

compagne e compagni solidali

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