Durante il corteo del 24 maggio dell’anno scorso, indetto dalla FIOM per protestare contro la possibile chiusura dello stabilimento di Fincantieri, si sono verificati momenti di tensione con la polizia. 18 persone, tra operai e compagni che solidarizzavano, sono state denunciate, fomentando le solite favolette sugli infiltrati violenti, nell’intento di nascondere sia la legittima rabbia operaia che si respirava quel giorno, sia il fatto che ancora esista una solidarietà di classe, pur nella diversità di vedute.
Per tre dei denunciati, la magistratura ha previsto l’obbligo di presentarsi in questura due volte al giorno, e di tenersi lontani da manifestazioni di piazza, trovando il modo di applicare a Genova, per la prima volta, una variante del DASPO sportivo per le manifestazioni politiche. Non vi è il divieto concreto di partecipare a cortei o presidi, ma vengono spostate le firme ad orari e in luoghi che rendono impossibile l’effettiva partecipazione, per evitare che si creino pratiche comuni che mettano insieme ciò che il Capitale vuole diviso e frammentato. Dimostrazione ne sono, in Fincantieri e altrove, i molti licenziamenti e le sospensioni che colpiscono chi, da alcuni delegati Fiom a quelli del sindacalismo di base, passando per i licenziamenti politici dei lavoratori di cooperativa nel milanese e nel piacentino, tentano di opporsi all’attacco sferrato da padroni e governo.
Questo è il clima che si respira sempre più frequentemente, e l’unica risposta non può che essere l’azione congiunta: nessuna distinzione e divisione fra chi lotta.
Dopo manifestazioni, blocchi e picchetti, l’Ocenia sarà consegnata a chi di dovere e insieme ad essa l’unico potere contrattuale che i lavoratori hanno. Gli accordi siglati dai sindacati concertativi non fanno gli interessi dei lavoratori: presto inizierà la cassa integrazione straordinaria per tutti, in attesa di una commessa forse per l’autunno o forse chissà..nel frattempo tutti a casa ed in cassa con la sicurezza che quasi la metà non rientrerà perché, pur non essendo esuberi, sono pur sempre eccedenze della produzione. A tutto questo si aggiunge il fatto che fuori dell’accordo sono rimasti i lavoratori delle ditte, manodopera a basso costo che non ha nemmeno il diritto di avere delle promesse.
Eppure anche loro avevano partecipato alle lotte insieme ai lavoratori Fincantieri perché in qualche modo consapevoli che, andando al di là dell’interesse corporativo, si possa vincere.
Spingeranno a dividerci fra ambiente e lavoro (perché quando si parla di ribaltamento a mare si parla necessariamente del terzo valico, da dove dovrebbe arrivare lo smarino per il riempimento), fra chi accetterà tagli a stipendi e diritti e chi non vorrà cedere, ci sarà anche chi vorrà produrre strumenti di guerra per annientare altri proletari pur di salvare il posto di lavoro.
Discorsi inutili: le manifestazioni di questo autunno, i blocchi, hanno dimostrato che può esistere ancora la capacità di mettersi insieme mentre gli accordi fasulli dovrebbero aver insegnato come i lavoratori possano contare solo ed esclusivamente sulle loro forze, sulla loro autonomia e sulla loro organizzazione.
Le deleghe in bianco ai vertici sindacali, come la sostituzione della difesa del posto di lavoro alla difesa della forza lavoro, sappiamo già dove portano. Se il ridimensionamento della forza lavoro è una necessità per la sopravvivenza del capitale, gli accordi servono solo per rimandare i tagli e far diminuire la tensione sociale.
E’ necessario unire le lotte dei lavoratori italiani e stranieri, dei disoccupati, degli studenti. Le lotte e gli scioperi degli operai delle acciarie (e non solo) in Grecia, così come quelle degli operai delle cooperative di logistica di Lombardia ed Emilia sono testimonianza ed esempio che opporsi agli attacchi padronali e al loro ricatto è possibile e doveroso!
CONTRO LA CASSA INTEGRAZIONE, CONTRO GLI ACCORDI BIDONE!
SOLIDARIETA’ AGLI OPERAI E AI COMPAGNI DENUNCIATI!
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