Abbiamo letto con interesse gli articoli sulla stampa genovese di questi giorni riguardo alle ultime occupazioni in città.
Abbiamo letto anche le dichiarazioni dei responsabili di A.r.t.e. e di Arred così come quelle del sindaco Doria e il comunicato stampa del Comune di Genova.
Anche l’ex segretario CGIL ed ex sceriffo di Bologna Sergio Cofferati ne ha approfittato per uscire dalla scarsa considerazione pubblica di cui gode ultimamente. A parte invocare per chi occupa la “tolleranza zero”, e lui è un esperto, non si capisce uno che campa con lo stipendio da europarlamentare e che ha passato la vita a distruggere le condizioni materiali di milioni di proletari, cosa possa saperne e come possa permettersi di parlare di “bisognosi”.
Si fa un gran parlare e pare che sull’esigenza abitativa tutti si mostrino improvvisamente molto sensibili.
Evidentemente le recenti occupazioni e sgomberi stanno costringendo gli amministratori cittadini a prendere una posizione su un dramma sociale di cui sono tra i primi responsabili: centinaia di persone sono senza un tetto o nell’impossibilità materiale di permetterselo, al contempo migliaia di case restano vuote, sfitte, per pura speculazione, per mantenere alti i prezzi del mercato immobiliare. Qualcuno, non solo noi e ci mancherebbe altro, occupa.
Ora però, di fronte a questo teatrino mediatico montato, alcune cose devono uscire dall’ambiguità.
Intanto, Vladimiro Augusti, amministratore unico di Arte, ha poco da preoccuparsi per “gli affreschi e il patrimonio artistico da preservare” di Vigne 4. Strano che non l’abbiano preservato in questi ultimi quindici anni, in cui, come al solito, si sono preoccupati solo della facciata. Chiunque può venire a vedere lo stato di degrado e incuria in cui giace l’edificio, anche solo attraverso la mostra fotografica allestita ogni giorno in piazza delle Vigne. Non c’è nessun danneggiamento in atto, peggio di loro non possiam fare.
Noi abbiamo occupato Vigne 4 e vico Untoria 3 in conseguenza allo sgombero di Giustiniani 19.
Ci hanno tolto le case e gli spazi sociali. Ce ne siamo presi altri.
Il gioco dello scaricabarile non può durare a lungo. La Giunta si assuma le sue responsabilità, altrimenti che si prenda atto di quanto poco la Procura e la Questura locali la tengono in considerazione.
Detto questo, la lotta per la casa non si esaurisce con le occupazioni di qualche antagonista: a breve in molti dovranno scegliere come organizzarsi di fronte alla crisi e alla miseria che avanza. Se condurre una vita di stenti e sacrifici o iniziare a non pagare, non pagare più per arricchire i soliti.
Ci auguriamo di essere presto solo alcuni tra i tanti, al loro fianco.
Noi non abbiamo troppo questionato la lentezza delle assegnazioni: essa è un fatto storico e connaturato nei suoi meccanismi burocratici, utile perché più la gente sta in attesa, con l’acqua alla gola, più è ricattabile.
Abbiamo piuttosto contestato il bando di Untoria in sé stesso e quanto scrive Tursi nel suo comunicato stampa conferma le ragioni per opporvisi.
Il comune dice che “le tipologie di reddito e le condizioni per l’assegnazione differiscono a seconda degli interventi proprio per garantire… in definitiva l’accesso alla casa anche per le persone a bassissimo reddito”.
Il suo progetto è quindi di collocare le persone in modo classista. Cosa significa?
Significa, per chi conosce i risultati storici di una certa urbanistica, Edilizia Popolare, significa appartamenti fatiscenti, servizi inesistenti o quasi, significa Begato, il Cep, piazzale Adriatico, il Biscione, significa i poveri ammassati nelle periferie, nei quartieri dormitorio accanto ai veleni industriali o nel bel mezzo della cementificazione più selvaggia.
Hanno costruito le città a misura di profitto, hanno trattato le valli, i quartieri e le persone come pedine sullo scacchiere dei loro interessi.
Lo hanno fatto per decenni. Altri anni? Altri politici? Altri modelli di sviluppo?
No, sono sempre gli stessi. E sono gli stessi di sempre. Dalle loro villette d’Albaro, nei palazzi di Castelletto o via Garibaldi, pretenderebbero ancora di decidere chi deve abitare dove e cosa dev’essere riqualificato e come.
Pretendono ancora di bucare le montagne, di espropriare le case della gente, di costruire infrastrutture devastanti utili solo a padroni e mafiosi. Sono ancora lì, mentre piovono licenziamenti, debiti, sfratti, tagli a qualsiasi cosa, a dirci, senza alcuna vergogna, che dobbiamo andarcene dall’occupazione di Vigne 4 perché devono spendere quattro milioni di euro per farci un museo del cioccolato!
Dovremmo davvero dialogare con loro? Per partecipare a cosa?
Pensano ancora di poterci imporre delle “condizioni imprescindibili” dopo che ci hanno tolto tutto?
Dovremmo avere “rispetto per una democrazia e una legalità” che esistono unicamente per garantire il privilegio e bastonare chi alza la testa?
Vincenzo Scolastico, il pm che ha richiesto lo sgombero di Giustiniani 19, che da mesi riempie di denunce noi, gli studenti, gli operai Fincantieri e che prova a teorizzare improbabili reati associativi, è stato sollevato dall’incarico Antimafia per collusione con… la mafia.
Hanno poco da farci la morale, ma soprattutto, sia chiara una cosa: noi non abbiamo mai firmato nessun contratto sociale, non abbiamo mai partecipato alla definizione di regole comuni, tantomeno leggi, con chi ha la pretesa di governarci. Il loro potere non ha alcuna legittimità e deriva solo dalla loro forza, dal monopolio della violenza, che è quella che mettono in campo quando qualcuno si ribella: manganelli e galera.
Il problema della casa non è un problema nostro ma di tutti. Precisamente, la casa è una piccola parte della più ampia questione sociale. Qui non c’è nessuna guerra tra poveri. Se c’è una guerra in corso è quella condotta contro i poveri.
E’ una guerra quotidiana ed eterna. Si tratta di subirla o reagire.
Noi siamo tra quelli che tentano di non subire solamente. Vogliamo indietro tutto, e lo vogliamo per tutti.
Possono sgomberarci ancora, possono blindare tutti i palazzi vuoti che apriremo, possono mettere la celere davanti a ogni portone. Noi continueremo per la nostra strada, perché crediamo che solo noi, col nostro agire diretto possiamo soddisfare i nostri bisogni, che solo attraverso la lotta autonoma si possano ottenere dei risultati concreti.
Chiedendo, protestando, niente ci verrà concesso.
Continueremo a difendere quel che conquisteremo. Soprattutto continueremo a difendere l’affetto e la solidarietà ricevuta in questi giorni e in questi mesi. Quelli che decidono nei Palazzi del potere non possono capirlo ma questo è quello che ci fa andare avanti, che ci dimostra di essere sulla strada giusta. La convinzione delle nostre possibilità, di quel che possiamo costruire insieme ad altri è più forte dei manganelli e delle minacce.
Noi andiamo avanti. Non cediamo alle intimidazioni.
10 100 1000 occupazioni.
centro storico genovese, Ferragosto 2012
quelli/e di Giustiniani 19, di Vigne 4 occupata, di vico Untoria 3 occupato, amici e compagni