SENTENZA PER UNA RIVOLTA. In ogni caso non finisce qui…

DAL 6 AL 12 LUGLIO 2012
MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE A SOSTEGNO DEGLI IMPUTATI DEL G8
mostra permanente @ Giustiniani19
volantinaggi e presidi a Genova

sabato 7 luglio 2012
genova, ore 18
IL SIGNIFICATO DELLE GIORNATE DEL LUGLIO 2001
discussione pubblica @ Giustiniani19
e proiezione del video
DETOUR, LA CANAGLIA A GENOVA
ovvero come accadde che a Genova, venerdì 20 luglio 2001,
un’imprevedibile deriva abbia trasformato una farsa annunciata
in sommossa reale

martedi’ 10 luglio 2012
genova, ore 18
IL PROCESSO DEL G8 PER SACCHEGGIO E DEVASTAZIONE
con un esponente del Supporto Legale @ Giustiniani 19

venerdi’ 13 luglio 2012
roma
PRESIDIO SOTTO LA CORTE DELLA CASSAZIONE DI ROMA
Appello

 

20 luglio 2001, genova – 13 luglio 2012, roma

Il 13 luglio, a undici anni esatti di distanza, lo Stato, tramite la Corte di Cassazione, darà il verdetto finale sugli scontri che scossero le strade di Genova nel luglio 2001. Per dieci persone viene chiesta la conferma di pene dai dieci ai quindici anni di carcere. Dieci persone chiamate a pagare il prezzo di una rivolta che fu di migliaia di persone, militanti e no, vestiti di nero e colorati, stranieri e genovesi. Dieci capri espiatori, accusati di saccheggio e devastazione.

Cosa accadde quel luglio così lontano nel tempo, ma così vicino nel suo significato?  Gli otto capi di Stato del G8 commisero l’errore di scegliere Genova, città da sempre ostile al sopruso, come sede di uno dei loro arroganti incontri. Il centro storico della città venne svuotato degli abitanti e recintato con grate di ferro invalicabili, tutti furono invitati a lasciare la città. Ma chi non cedette al ricatto, non accettò quella provocazione. La coscienza e la determinazione di alcuni incontrarono e incendiarono l’insofferenza e il disagio di tanti altri, stanchi di subire una vita ritenuta giustamente non degna. Tra di loro molti genovesi; Carlo uno di loro.

Quel giorno in molti disertarono l’appuntamento fissato dal potere e dai suoi interlocutori ufficiali nell’attacco alla zona rossa e nello scontro impari con la polizia. Si andò alla deriva, occupando il resto della città. Fu così svelata una verità semplice e profonda: il potere non è, e non si sconfigge, nel palazzo d’inverno, nelle zone rosse degli appuntamenti farsa dei fantocci messi a capo degli Stati, ma è, e si può rovesciare, ovunque, nello spazio e nel tempo delle nostre vite organizzate e controllate in ogni dettaglio. Attaccando l’alienazione e la miseria cristallizzate nelle sedi di banche e multinazionali, nelle auto di lusso, nelle merci affastellate sugli scaffali dei supermercati, nelle mura di carceri affollate di miserabili, i rivoltosi di Genova urlarono che il dominio non ha un cuore, ma che è freddo, inanimato e diffuso come un cancro. Quando la storia dei cinquecento black bloc calati da Marte non convinceva più nessuno, hanno dovuto chiamarli teppisti e provocatori, questi “barbari” responsabili di atti così inconsulti per i benpensanti ma rivelatori per molti altri. “Teppa”, termine che significativamente rievoca i banditen della Resistenza e i teddy boys del giugno ‘60, ovvero criminali per chi deteneva il potere in quel momento, persone di cuore per tutti gli altri. Sicuramente eravamo e siamo disagiati; perché, si può essere umani e contemporaneamente a proprio agio in questo mondo?

Perché pene così dure? Perché allora, in tempi di relativa “pace sociale”, non si poteva tollerare una città dell’Occidente liberata dal cancro capitalista neanche per poche ore. Sarebbe stato un esempio minaccioso per il futuro, e tale si è rivelato, nonostante la paura instillata a partire da quel giorno con i manganelli in strada e negli anni successivi con la propaganda e la mistificazione. Che le banche siano organizzazioni criminali, che il lusso sia un affronto insopportabile, che il “progresso” per il quale viene richiesto il sacrificio costante della nostra vita è una truffa, che il saccheggio e la devastazione sono quelli che vengono perpetrati ai danni dei territori ovunque, oggi cominciano a pensarlo in tanti, e in tanti hanno cominciato ad agire ed autorganizzarsi, dalla Grecia alla Valsusa. Se quella rivolta allora incompresa e calunniata acquisisce un senso alla luce di quanto accade ora, e se i giudici dimostrano di averlo ben presente con le loro pene esemplari, appare evidente la necessità di non lasciare soli quei dieci di noi che oggi sono chiamati a pagare per tutti. Non è un caso che negli stessi giorni, con una fretta sorprendente, cominci il processo al movimento NOTAV. Un filo rosso unisce coloro che sono chiamati nei tribunali di Stato per fatti apparentemente così lontani, nelle pene che ricadranno a cascata su tutti ma anche nel senso e nella forza delle lotte che continueranno e che mai nessun tribunale potrà sconfiggere.

Carlo quel giorno ha lasciato sul selciato la sua giovane vita e la sua voglia di libertà, ma molti altri come lui sono nati a sé stessi in quelle ore, perché è solo nell’ora della rivolta che non ci si sente più soli nella città, e mai Genova è stata così bella per noi. L’unica giustizia per quella vita spezzata, e l’unica possibilità di riscatto per le nostre umiliate, è che quel fuoco bruci e dilaghi sempre più per le strade del mondo.

CASA OCCUPATA GIUSTINIANI 19

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