“Il rapporto con il vicinato”! Prima rassegna del libero cinema dei giustiniani

Inizia la prima rassegna di film del libero cinema dei giustiniani: “Il rapporto col vicinato”!

TUTTI I MARTEDI’ ORE 21
INGRESSO LIBERO | BAR POPOLARE

MARTEDI’ 13 DICEMBRE
Delicatessen
Un film di Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro; 97 min. – Francia 1990.

MARTEDI’ 20 DICEMBRE
L’inquilino del terzo piano
di Roman Polanski, 125 min. Francia 1976

MARTEDI’ 27 DICEMBRE
La Zona
di Rodrigo Plà, 97 min. Spagna, Messico 2007

MARTEDI’ 3 GENNAIO
I vicini di casa
di John G. Avildsen, USA 1981

“Il rapporto col vicinato”
La convivenza, ciò che dovrebbe essere uno stimolo e una spinta al miglioramento, è oggi giorno comunemente considerata come un problema, spesso ostico da affrontare.
Le diverse esigenze, anziché rappresentare una risorsa da mettere in comune, vengono difese coi denti, ognuno segregato nella propria abitazione. La condivisione, anche delle difficoltà, un tempo linfa dei quartieri e mai come ora in questi tempi disperati una necessaria spinta alla solidarietà, si è tramutata ormai in fredda comunicazione, fatta di avvisi, cartelli appesi la notte, divieti, petizioni, telecamere e porte blindate.
Nel mondo rappresentato dai media, dove chiunque costituisce un pericolo costante agli altrui interessi, la gestione della vita quotidiana all’interno di quartieri, condomini e appartamenti, diventa aspra competizione.
Proietteremo una rassegna di 4 film dove ogni precauzione crolla miseramente; quando porte, portoni, muri e reticolati non sono sufficienti a salvaguardare pace, identità e privilegi.

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Il racconto del fiume rubato

VENERDI’ 16 DICEMBRE
dalle ore 18
IL RACCONTO DEL FIUME RUBATO
Il caso ACNA. La resistenza durata un secolo contro la fabbrica della morte
INGRESSO LIBERO

@casa occupata Giustiniani19
via dei Giustiniani 19, parallela san Bernardo/Canneto Il Lungo, Centro Storico, Genova

IL RACCONTO DEL FIUME RUBATO:
Non è uno spettacolo teatrale.
E’ l’umile e magica narrazione del cantastorie Andrea Pierdicca che racconta liberamente i passi salienti del capolavoro di Alessandro Hellmann “Cent’anni di veleno – il caso ACNA, l’ultima guerra civile italiana”, accompagnato dalla chitarra inedita di Federico Canibus.
La Resistenza durata un secolo, gente comune, persone che hanno reagito, contadini, sindacalisti, poi le masse in movimento, il popolo in azione, conflitti tra contadini e operai, interessi e convenienze politiche, la guerra contro il mostro, un crescendo di tensione dalla fine dell’Ottocento al gennaio 1999, la chiusura della “fabbrica della morte”. Una lotta sul piano ambientale, della salute, della vita; una guerra come esempio di tutte le guerre attuali (movimento NO TAV, NO al Ponte sullo Stretto, al Terzo Valico, alla Gronda autostradale, API, inceneritori, nucleare, Tirreno Power, Cokitalia, centrali a carbone, piattaforma Maersk, MOSE, rigassificatore, bitumifici, cementifici, Stoppani, acciaierie, ecc…).
Quando la verità dei fatti non viene condivisa si crea il terreno per “l’indifferenza… l’ignoranza… la paura… la carriera… il silenzio…”. Conoscere aiuta a trovare il coraggio di cambiare giorno per giorno.
L’indifferenza e il cinismo hanno rotto i coglioni, questa storia lascia l’amaro in bocca ma il cuore pulito, alimenta la fiducia nel buon fine di ogni gesto antagonista.
Andrea Pierdicca
Federico Canibus

CONTATTI:
IlRaccontoDelFiumeRubato[at]inventati.org
Federico Canibus – fedebaut[at]yahoo.it – 349.5772082
Andrea Pierdicca – andreapierdicca75[at]yahoo.it – 338.1045719

GUARDA IL PROMO DEL RACCONTO SU YOUTUBE:
http://www.youtube.com/watch?v=aIUuL4DSs4s

Un Ringraziamento ai LINK spontanei:
http://turistipercaso.it/italia/24527/condividere-una-magia-il-viaggio-d…
http://www.stampalternativa.it/libri/88-7226-894-x/alessandro-hellmann/c…
http://www.stampalternativa.it/cal_eventi.php
http://www.alessandrohellmann.com/flashindex.htm
http://www.narramondo.it/acna.html
http://maggie.trident.it/narramondo/calendario.php
http://www.failacosagiusta.it/ambiente_acna.aspx
http://www.cittafutura.net/spip.php?article480

ETICA DI VIAGGIO:
Da un anno e mezzo il progetto ha trovato una rete alternativa ai teatri convenzionali attraverso la quale restituire a tutti una storia di tutti, rovesciando il meccanismo di vendita e tassazione, perseguendo la strada della reciproca e libera offerta tramite la forma e il linguaggio del quasi estinto cantastorie.
E’ stato accolto finora da vivai, aziende biologiche, ex fienili, rifugi in montagna, parchi e prati, spiaggie, stabilimenti balneari, sale riunioni, musei, biblioteche, scuole ed università, librerie, studi e laboratori privati, teatri e cinema, circoli culturali, centri sociali, osterie, bar, gelaterie, case, piazze, borghi, feste popolari e altri ritrovi spontanei.
CERCHIAMO ANCORA ALTRI SPAZI DI QUALSIASI TIPO, DA MAGGIO 2010 SAREMO ANCORA IN GIRO PER L’ITALIA.
Confidiamo nella tua collaborazione a contattare chi può essere interessato a questa iniziativa, se continuiamo questo viaggio oggi è grazie al calore e al sostegno di chi ci ha aiutato e accolto finora.

DETTAGLI ED ESIGENZE TECNICHE ED ORGANIZZATIVE:
Le caratteristiche comuni tra le persone che ci accolgono sono:
* l’ospitalità di una notte e un piatto caldo per noi due,
* un passaggio in auto dalla stazione più vicina (viaggiamo in treno con l’attrezzatura su un carrello)
* l’appoggio ad uno spazio che possa ricevere almeno una sessantina di persone e che abbia una comune presa di corrente 220 V.
* la promozione dell’incontro via mail, cartacea e passaparola (manderemo noi il file già pronto da stampare e divulgare).
Queste sono le esigenze più esigue che siamo riusciti a formulare: siamo autonomi sull’impianto audio e di illuminazione e raggiungiamo un consumo totale etico di 200W.
L’unico sostentamento economico del progetto consiste nella libera offerta finale a cappello, ecco perché è indispensabile la presenza di almeno 60 persone che assistano gratuitamente; non necessita di permessi né tassazioni SIAE, è un libero incontro spontaneo.

ORIGINI:
Il Racconto Del Fiume Rubato ha intrapreso questa strada anche grazie alle collaborazioni passate tra cui l’Associazione Culturale Narramondo con la quale è nato il progetto teatrale, Nicola Pannelli che ne ha seguito la regia, gli Yo Yo Mundi che hanno concesso alcuni loro brani tratti dal cd “Sciopero” e Lisa Raffaghello che ha seguito l’organizzazione del percorso attraverso i teatri e non solo. Infine Alessandro Hellmann, oltre ad essere l’autore del libro al quale è ispirata la narrazione e compositore di una traccia musicale che accompagna Il Racconto in due importanti momenti, è sostenitore appassionato del progetto.

Notizie, approfondimenti e aggiornamenti sulla vicenda Acna: http://www.acvalbormidaviva.blogspot.com/

Remember, remember the 6th of december!

MARTEDI’ 6 DICEMBRE h 21
inizia il cinema libero dei giustiniani!

@ casa occupata giustiniani19
via dei giustiniani 19, parallela san bernardo/canneto il lungo, centro storico, genova

BAR, PROIEZIONE e DIBATTITO
The Potentiality of Storming Heaven
sulla rivolta esplosa in grecia nel dicembre 2008 in seguito all’uccisione di Alexis da parte delle forze dell’ordine.

TUTTE LE SETTIMANE
INGRESSO LIBERO | NO COPYRIGHT

Siamo qui, siamo ovunque, siamo l’immagine del futuro

“…Domani inizia una giornata in cui niente e’ sicuro. E cosa potrebbe essere più liberatorio dopo tanti anni di sicurezze ? Una pallottola e’ stata capace ad interrompere la sequenza meccanica di tante giornate uguali a sé stesse. L’assassinio di un quindicenne e’ stato un momento che ha determinato uno spostamento capace a portare tutto sotto sopra. Lo spostamento dal compimento di una ulteriore giornata al punto tale che tante persone nello stesso momento hanno pensato: Basta, le cose devono cambiare e siamo proprio noi che le dobbiamo cambiare . E la vendetta per la morte di Alexis si e’ trasformata nella vendetta per ogni giornata in cui siamo stati costretti a svegliarci in questo mondo. E ciò che appariva così difficile si e’ dimostrato così semplice. Questo e’ qualcosa che e’ successo, qualcosa che possediamo. Se qualcosa ci spaventa e’ il ritorno alla normalità. Perché nelle strade distrutte ed espropriate delle nostre lucenti città non vediamo solo gli ovvi segnali della nostra rabbia, ma la possibilità di cominciare a vivere. Ormai non abbiamo altro che la possibilità di stabilirci sopra tale possibilità trasformandola in vissuto: coltivando la nostra creatività nel suolo della quotidianità, la nostra forza a dare sostanza ai nostri desideri, la forza non di osservare, ma costruire il reale. Questo e’ il nostro spazio vitale. Tutto il resto e’ morte.
Chi vuole capire, capirà. Ora e’ il momento di rompere le gabbie invisibili che costringono ognuno di noi nelle nostre piccole e misere vite. E ciò non significa solamente o necessariamente attaccare stazioni di polizia o bruciare negozi e banche. Il momento in cui qualcuno abbandona la sua poltrona e la passiva osservazione della sua stessa vita ed esce per strada per parlare ed ascoltare, lasciando spontaneamente il privato, comprende, nell’ambito dei rapporti sociali, la forza destabilizzante di una bomba atomica…”

Merry crisis and happy new fear

Resoconto in seguito al benefit per Massimo

Domenica 4 dicembre, dopo un riepilogo della situazione processuale in seguito alle sentenze per i compagni arrestati il 10 giugno ’09, si è tenuta alla casa occupata giustiniani19 una cena benefit in sostegno a Massimo Porcile.
Hanno partecipato più di 60 solidali. Grazie al loro contributo, e a quello della Cassa Ligure di Solidarietà Antirepressiva, sono stati raccolti 1180 euro, che sono stati divisi tra la famiglia di Massimo e l’avvocato, per il rimborso spese.
Ringraziando tutti coloro che sono intervenuti, ricordiamo che sarà effettuata un’iniziativa analoga dopo il deposito delle sentenze a fine febbraio.
Ulteriore appuntamento sarà quello del 15 dicembre alle ore 21, quando chiunque sia interessato potrà partecipare alla preparazione di un manifesto di solidarietà.

La solidarietà è un’arma.
Usiamola.

Un mese d’occupazione: domenica solidale con i compagni indagati il 10giugno09

DOMENICA 4 DICEMBRE

dalle 18
resoconto sulla situazione dei compagni indagati il 10 giugno ‘09, in compagnia degli avvocati
dalle 20
grande cena benefit per Massimo | sottoscrizione 15 euro
prenotati entro il giorno prima a voce o via mail

Di seguito maggiori info su processo e sentenze…

TERRORISTA E’ CHI BOMBARDA, AFFAMA, IMPRIGIONA
Il 10 giugno 2009 Massi, Gian, Bruno, Gigi e Dino vengono arrestati con l’accusa di associazione sovversiva costituita in banda armata. Nel gennaio 2010 vengono arrestati anche Manolo e Costantino con la stessa accusa e scarcerati dopo alcuni mesi. Il 19 maggio di quest’anno dopo due anni di detenzione Gigi Fallico muore in carcere per mancanza di cure appropriate dopo giorni di forti dolori al petto e pressione arteriosa alle stelle.
Il 16 settembre 2010 è iniziato il processo presso la corte d’assise di Roma. Durante l’udienza del 16 novembre 2011 Gianfranco ha rilasciato la seguente dichiarazione spontanea:
Avrei preferito non prendere la parola in quest’aula, perchè ritengo non sia la sede adatta per parlare alla gente che mi interessa e perchè sono insofferente a queste forma di liturgia. Tuttavia penso che vadano dette un paio di cose sul significato di questo processo.
Il concetto di fondo è questo: ogni sistema difende se stesso con tutti i mezzi a sua disposizione, siano essi legali od illegali in base alle leggi del sistema stesso, e ciò è tanto più vero nei periodi di crisi generale del sistema come quello in cui stiamo vivendo. I comunisti sono da sempre il nemico principale di questo sistema e quindi è abbastanza normale che vengano colpiti.
Naturalmente tutto ciò non viene esplicitato, non viene mostrato chiaramente, ma piuttosto si mette in scena la rappresentazione del diritto. Alla repressione si mette la maschera di un garantismo formale che poi sappiamo tutti benissimo non esistere nella realtà. Tale rappresentazione con il suo gioco delle parti è per l’appunto il processo penale. In essa l’unica figura schietta, a suo modo sincera, è quella del pubblico ministero, il cui intento manifesto è distruggere con ogni mezzo gli imputati. Distruzione che è giudiziaria, cioè anni di galera, ma anche politica, economica, affettiva, e talvolta anche fisica, come nel caso fra i molti di Gigi Fallico. A questo punto finisce ogni finzione, qui c’è lo stato che dice “mi prendo la tua vita” ma così facendo per lo meno butta la maschera ed il processo si mostra per quello che realmente è, un momento ed uno strumento dell’oppressione di classe.
Io so, non lo posso provare, ma lo so, che qualcuno ha messo il mio dna su quella bicicletta. Naturalmente questo lo so io, lo sa chi ce l’ha messo, lo sa l’eventuale mandante e a questo punto, forse, incominciano a sospettarlo tutti quelli che hanno seguito questa vicenda. L’utilizzo di certi metodi da parte della repressione non è assolutamente una novità e infatti non ne sono minimamente meravigliato.
Si potrebbe pensare che si tratti di una dimostrazione di forza da parte del sistema, come dire, chi detiene il potere può fare quello che vuole, ed in parte ciò è vero, ma al contempo a me sembra anche un sintomo di debolezza, perchè uno stato che fosse sicuro del suo diritto forse non avrebbe bisogno di ricorrere a simili bassezze.
Comunque sia, non c’è bisogno di tutto questo per sapere che in tutti i processi in generale, ma in modo particolare in questi processi qui, i processi politici, si amministra la giustizia di classe e si giudicano gli imputati soprattutto in base alla loro identità.
Io sono comunista ed in quanto tale verrò condannato, perchè è della lotta di classe nel suo complesso che ha paura il sistema. Tuttavia sono molto, molto orgoglioso di esserlo. Quanto all’accusa di aver danneggiato l’immagine del paese ed indotto paura nella popolazione, sinceramente mi sembra rasentare il ridicolo. Se stiamo parlando di questo paese reale, chi è che lo danneggia non solo nell’immagine? Chi è che fa realmente paura alla gente distruggendone le condizioni di sopravvivenza? Coloro che si oppongono ad un sistema globalmente iniquo o piuttosto la classe dominante di quel sistema nel suo complesso?
Questo sistema economico-sociale, il capitalismo , lo stato e le istituzioni che dal capitalismo derivano, che si fondano sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che producono incessantemente ricchezza per pochi e miseria per molti, guerra, distruzione dell’ambiente a scopo di profitto, ingiustizia sociale e corruzione, come per altro si vede dalla cronaca quotidiana, non mi sembra che abbiano l’autorità, tanto meno l’autorevolezza per giudicarci, hanno solo la forza bruta per farlo fin tanto che ce l’hanno.
In sintesi, noi come classe, abbiamo un problema di forza, non ne abbiamo ancora abbastanza. Loro hanno un problema di legittimazione perchè non ne hanno più. Possono benissimo fregarsene, non dico di no, ma, attenzione, la storia è dialettica e la classe che oggi è dominante ha già iniziato il suo declino.
Il 21 novembre 2011 è stata emessa la sentenza di primo grado: l’associazione sovversiva e la banda armata non sussistono per nessuno degli imputati. Gian e Massi sono stati condannati per cospirazione politica, detenzione e porto d’arma rispettivamente a 8 anni e 6 mesi e 7 anni e 6 mesi. E’ stato inoltre richiesto un risarcimento danni di 50.000 euro nei confronti del Ministero della Difesa ed il pagamento delle spese processuali e di mantenimento carcerario.
Dino è stato condannato a 4 anni e 6 mesi per detenzione d’arma e anche lui al pagamento delle spese.
Manolo, Costantino e Bruno sono stati assolti.
Non ci riconosciamo nei concetti di innocenza e colpevolezza, propri delle aule di tribunale e ribadiamo la nostra solidarietà e vicinanza ai compagni.
Alcuni/e compagni/e

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Occupy America!

MERCOLEDI’ 30 NOVEMBRE 2011 dalle 18
Presentazione e proiezione di filmati sul movimento Occupaty wall street e Occupy Oackland

New York, 17 settembre, the revolution begins…
Da metà settembre il volto di molte città statunitensi è parzialmente cambiato.
I grandi centri urbani e o piccoli abitati dell’”America profonda” sono attraversati da un movimento che cerca di reagire attivamente alle conseguenze sociali della crisi e mettere in discussione l’attuale sistema sociale.
Assemblee aperte e permanenti nel centro cittadino permettono alle persone di discutere, organizzarsi, condividere un pasto caldo, attingere un libro da una improvvisata biblioteca ambulante.
La risposta del blocco di potere nord-americano è stata fino ad ora più orientata a reprimere questo movimento che a recuperarlo, ma proprio la violenza poliziesca ha allargato il consenso nei confronti della mobilitazione e ne ha arricchito le pratiche, facendogli fare un “salto di qualità”.
In seguito allo sgombero violento della piazza ad Oakland in California, un manifestante veterano della guerra in Iraq viene ferito quasi mortalmente.
La risposta è stata la decisione unanime dell’assemblea di proporre uno sciopero generale che bloccasse la città e il quarto porto degli Stati Uniti, sanzionando le aziende intenzionate a prendere provvedimenti disciplinari contro gli scioperanti.
Così è stato e il 2 novembre grazie anche all’appoggio di alcuni sindacali locali, la città è stata bloccata, attraversata da una festante marea umana che ha occupato anche i varchi del porto.
È interessante notare che non ha sconvolto nessuno il fatto che una parte del movimento si organizzasse per sanzionare in maniera “più robusta” alcune banche lungo il percorso.

Together we are unstoppable!
Da un corteo pacifico e dall’occupazione con le tende di una piazza, le forme di lotta si sono ampliate, anche perché la repressione coordinata a livello statale ha cercato di stroncare nuovamente questa esperienza, che non sembra comunque volere arroccarsi solo nella pratica dell’accampamento e in discussioni permanenti su cosa e come trasformare l’esistente.
Alcuni esempi: resistenza agli sgomberi degli inquilini morosi, difesa della scuola pubblica nei quartieri popolari, ri-appropriazione di spazi in ambito urbano, boicottaggio del consumo natalizio, guerriglia gardening, iniziative di sostegno alle lotte dei migranti e dei lavoratori…
Nel mese di dicembre sono previsti uno sciopero di tutti i lavoratori del porto della costa ovest, una giornata “nazionale” di lotta contro gli sfratti, una mobilitazione contro gli acquisti natalizi e molto altro.

Seize the time!
Per questo ci sembra importante cercare di capire meglio cosa sta succedendo negli USA, partendo proprio dal punto di vista di coloro che stanno facendo crescere questa esperienza, dando spazio ai documenti che il movimento stesso ha prodotto, e introducendo il contesto in cui si sono sviluppati.

Benefit per Juan

SABATO 26 NOVEMBRE 2011
dalle ore 18
alla casa occupata Giustiniani19
genova, centro storico, parallela di canneto il lungo e san bernardo

distro > bar > buffet > djset

BENEFIT PER JUAN

“Ogni società che voi costruirete avrà i suoi margini, e sui margini di ogni società si aggireranno i vagabondi eroici e scapigliati dei pensieri vergini e selvaggi che soli sanno vivere sempre nuove e formidabili esplosioni ribelli!
Io sarò tra quelli! ”

Un fine settimana straoccupato

Sabato 19 novembre

# ore 15.00
gancio davanti alla casa occupata di via dei Giustiniani 19
deriva gioiosa in centro storico
volantinaggio, carretti, musica e tamburi
RIPRENDIAMOCI GLI SPAZI!

# ore 21.00
bar popolare e serata musicale

Domenica 20 novembre

alla casa occupata di via dei Giustiniani19
centro storico, genova

# ore 16
SPETTACOLO DI BURATTINI

# ore 20.30
CENA POPOLARE
(prenotarsi entro la sera precedente, a voce o scrivendo alla mail giustiniani19[at]canaglie.org)

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Diavoli nel fango

Alcune giornate segnano la vita delle città e dei suoi abitanti in maniera indelebile. Certe volte, in una manciata di giorni, si possono provare sentimenti così contrastanti che, chi non li ha vissuti, non può comprendere a pieno.
I metereologi prevedevano i rischi, i giornali riportavano titoli apocalittici, eppure tutto sembrava come un normale acquazzone. Dietro l’incredulità, che poche ore dopo avremmo maledetto, ci sono ragioni ben precise. La nostra quotidianità è scandita da orari, schemi, tragitti non decisi da noi: sono quelli che ci portano ogni giorno nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università. Chi giudica stupidi o imprudenti coloro che hanno rischiato o perso la vita uscendo nel bel mezzo dell’inferno per raggiungere parenti, amici o semplicemente la propria casa, non tiene conto del fatto che viviamo in una società dove purtroppo non ci è concesso rimanere sotto le coperte se il tempo fuori non ci aggrada.
Le scuole erano aperte, ai lavoratori di ogni categoria toccava far funzionare la città come in un qualsiasi giorno, macchine e cassonetti (che per partite di calcio o semplici manifestazioni vengono portati via senza il minimo buonsenso) rimanevano al loro posto. Per gli errori di valutazione degli “esperti” e di chi ha in mano il potere in questa città, non si è evitato l’evitabile: la strage di chi lavorava come in un giorno normale o di chi tentava di raggiungere i propri cari (la rete di telefonia mobile impazzita per 24 h rende bene la quantità di persone che avevano qualcuno per cui stare in pensiero).
Ma c’è anche stato un duplice errore di noi tutti. Credere alle istituzioni, che non meritano alcuna fiducia; delegare a chi ci comanda la sicurezza nostra e di chi ci è più caro. La reazione dei giorni seguenti però possiamo definirla incredibile se non magica. Una città che spesso viene descritta come avida, soprattutto di sentimenti, dove della socialità e del mutuo appoggio, per cui i quartieri erano famosi, non è rimasto che uno sbiadito ricordo, ha deciso finalmente di non aspettare che dai piani alti arrivassero le soluzioni e gli aiuti.
Sotto gli occhi complici dei passanti i cantieri della città sono stati “ripuliti”, da alcuni volenterosi, di tutto ciò che poteva essere utile: non hanno aspettato che qualcuno dicesse dove andare, non hanno aspettato che qualcuno procurasse pale, secchi, cuffe.
La macchina dei soccorsi non convinceva nessuno: pochi uomini, pochi mezzi, l’assurdità delle strade distrutte dalla furia del fango, zone altamente presidiate dalle Forze dell’Ordine perché sotto i riflettori dei media, e zone completamente dimenticate dalla stessa Protezione Civile, che nel frattempo dissuadeva dal muoversi autonomamente chi voleva dare una mano.
Quando abbiamo iniziato a lavorare ci sentivamo impotenti, impacciati, quasi inutili. Ma col passare delle ore, con l’aumentare delle braccia abbiamo iniziato a renderci conto della nostra forza, guardavamo increduli riemergere i marciapiedi, i tombini, le panchine prima irriconoscibili. L’entusiasmo del trovare in un amico o in un conoscente un fratello, da abbracciare alla fine delle mille piccole “imprese” che hanno segnato le giornate, lo scovare in sconosciuti lo stesso sorriso sui volti sporchi e affaticatici ha fatto sentire vicini. Nessuno comandava le operazioni, ognuno metteva a disposizione la propria esperienza e le proprie conoscenze.
Dividerci i pasti distribuiti, brindare con le birre regalate, passarci sigarette… Dietro la gioia del riscoprire che uniti e auto-organizzati si vince c’è la consapevolezza di essersi opposti a una devastazione, che non cade dal cielo come l’acqua ma che si infiltra nelle nostre vite quotidiane. La scelta di non delegare ad autorità e istituzioni la pulizia delle strade, l’aiuto a chi ha perso casa, non è del tutto “angelica” come i media provano a far passare.
Quella voglia di vedere coi nostri occhi le zone disastrate, procurarci da soli il necessario per ripulirle, lavorare dividendoci spontaneamente compiti e mansioni, inventarsi soluzioni per superare senza scoraggiarsi ogni ostacolo, non nasce solo da un sentimento di solidarietà ma anche da precisi motivi di rabbia: la rabbia verso chi considera agibili pezzi di città che si trasformano in trappole mortali e allo stesso tempo sfratta chi non può permettersi un affitto o chi vive in edifici che per motivi speculativi vengono considerati inagibili; la rabbia verso chi ha tenuto aperti luoghi di lavoro e scuole per poi addirittura vantarsene il giorno seguente, la rabbia verso chi pretende di comandarci, decidere per noi e poi si dimostra totalmente sprezzante delle vite degli abitanti della città; la rabbia verso chi ha speculato per decenni cementificando, edificando dove era folle, strozzando in una morsa di case abitate corsi d’acqua poi abbandonati a sé stessi.
Questa rabbia ha donato fiducia in noi stessi e negli altri abitanti della città, ci ha convinti definitivamente a non avere nessuna fiducia in politici di ogni colore e istituzioni, il cui solo compito è di perpetrare la ricchezza di pochi impoverendo molti. Tagli ai servizi pubblici (sanità, trasporti, istruzione, assistenza), lavoro precario e introvabile, strozzinaggio legalizzato tramite prestiti e mutui, ci rendono sempre più sfruttati e ricattabili.
Non dimentichiamoci la lezione di questi giorni: supportandoci, incontrandoci, conoscendoci possiamo migliorare i nostri quartieri e riscoprirci più forti e capaci delle istituzioni. Non deleghiamo a nessuno i nostri bisogni: che si pretendano case, rimborsi, aiuti a chi ha perso la casa o a chi ha subito danni nell’alluvione, e che non si creda a nessuna promessa.
Se le case non arrivano presto, che vengano prese! La città è piena di edifici in ottime condizioni perfettamente abitabili, rompere i lucchetti e le serrature, prenderseli, è un gesto giusto e sacrosanto quanto spalare via il fango.
Diavoli nel fango

Presentazione dell’esperienza torinese degli Orti Urbani + cena

venerdì 18 novembre, alle h.18
ALLA CASA OCCUPATA DI VIA GIUSTINIANI 19

“Allora forse questa bella crisi che travolge ogni certezza può rappresentare un’opportunità: invece dell’ennesimo motivo per continuare a lamentarsi e sprofondare tra miseria e rassegnazione, può esser l’occasione di reagire, iniziando a riprenderci ciò di cui abbiamo bisogno. A cominciare da un pezzetto di terra abbandonato davanti a casa.”

Da due anni e mezzo gli orti urbani di Mirafiori aggregano decine di persone in un’esperienza di autorganizzazione e autogestione, di contrapposizione di momenti di socialità, condivisione e vita al modello “casa-lavoro-supermarket”.
Ne parliamo con alcuni ortolani torinesi.

* per l’occasione verrà anche presentato l’opuscolo di H.Bey, Avant-gardening, Nautilus, 2011
* a seguire cena di autofinanziamento (prenotarsi entro la sera precedente alla mail giustiniani19[at]canaglie.org)

“Torino, Mirafiori-Lingotto. Alveare di cemento costruito intorno alla Fiat. Quartiere operaio nato da un vero e proprio esodo, che ha ammassato uomini e donne a ridosso delle fabbriche in cui, giorno dopo giorno, naufragava il miraggio di una vita più libera e felice. Tanti sono morti tra macchinari e catene di montaggio, chi stroncato da incidenti mortali chi consumato lentamente da cosiddette “malattie professionali”. Quasi tutti hanno capito l’inganno che stava dietro alla promessa di un radioso futuro garantito dalla produzione industriale.
Da circa un decennio, a ridosso della ferrovia, languono alcuni terreni di proprietà di enti pubblici. Per anni questi pezzi di terra sono stati vissuti dagli abitanti del quartiere, trasformati in orti urbani e in luoghi di incontro e socialità, spazi e momenti sottratti al ritmo della fabbrica. Oggi, solo una piccola parte di questi terreni è ancora coltivata da abitanti della zona, mentre la gran parte è stata sgomberata e recintata; si è preferito imporne l’abbandono piuttosto che permettere a qualcuno di ritagliarsi questo pur minimo spazio di autonomia…
Noi, oggi, abbiamo deciso di riappropriarci di ciò che ci è stato sottratto, a cominciare da queste terre, facendone nuovamente degli orti da condividere con chiunque, del quartiere o meno, ne abbia desiderio”.
Torino – 22 marzo 2009, Ortolani di ventura a Mirafiori

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Storia del movimento di liberazione curdo

Mercoledì 9 novembre
ore 18
@ casa occupata giustiniani 19
via dei giustiniani 19
(parallela di via san bernardo e via canneto il lungo)
genova, centro storico

STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE CURDO
incontro con alcuni compagni provenienti dai territori più caldi del kurdistan.

Le politiche di negazione, distruzione e assimilazione dello stato turco sul popolo curdo.
I villaggi-comune in Yuksekova, il prototipo di federalismo senza-Stato.
Le possibilità di sbocco anarchico: ecologismo, uguaglianza, autodeterminazione.

Diario di bordo: report dei primi giorni d’occupazione

I bambini giocano a nascondino al piano terra, corrono in lungo e in largo, trovano rifugio in un frigorifero recuperato, dietro un mobile in ferro in stile “burocrazia della Prima Repubblica”, poi utilizzano le sedie dopo un’affollata assemblea per fare delle navicelle.
La loro gioia ti ripaga lo sbattimento di questi giorni, e da un senso in più a questa occupazione e a ciò che potrà essere, per rubare le parole al poeta: l’arco del tiranno si è spezzato a terra, con ciò che resta i bambini ci costruiscono case per giocare.
Ci siamo presi una casa per abitare e per giocare, per vivere e lottare. Tutto qui.

Uno stabile vuoto del Demanio, se si escludono i piccioni o le persone che ci hanno transitoriamente trovato rifugio, da almeno cinque anni lasciato al degrado.

In questo sistema si lasciano marcire i frutti sugli alberi, si mandano i libri al macero, si vogliono costruire grandi opere che sono costose, inutili e devastano il territorio, sottraendo risorse alla collettività, si lasciano edifici sfitti.

Intanto la facciata era stata rifatta per il G8 del 2001, ai potenti si sa, soprattutto a quelli nostrani, piace la chirurgia estetica.
Qualche anno più tardi le associazioni e gli abitanti sono stati mandati via, con la scusa dell’inagibilità.
Intanto l’edificio si lascia vuoto, sperando che i prezzi degli immobili lievitino.
Facciamo un’ipotesi un po’ “ingarbugliata”.
Prima o poi, in procinto di essere venduto ad un privato, un solerte personaggio di un qualche ente preposto alla tutela del patrimonio immobiliare pubblico (e la sua consorteria) a cui sarebbe stato dato un incarico importante di una neo-nata agenzia per la valorizzazione del centro storico, lo avrebbe venduto a qualcuno che rientrava nella rete dei suoi interessi, speculandoci sopra, e facendo fare magari i lavori a spese della collettività, intascando i soldi e affermando il suo ruolo in questo business.
Stiamo forse fantasticando troppo, forse?
Be’ diciamo che leggiamo solo la cronaca, e come azione preventiva abbiamo occupato, visto che la crisi del debito la vogliono risolvere anche svendendo tutto ciò che rimane del patrimonio pubblico.

Per la tutela di tutti coloro che transitano nella casa occupata, ci stiamo adoperando per fare si che i consigli datici da architetti e ingeneri solidali che stanno visionando in questi giorni l’edificio, e che non hanno rilevato motivi per non rendere usufruibile lo stabile, possano dare luogo ad un più corposo dossier tecnico e facciano emergere le vere ragioni dello sgombero.
L’occupazione è anche un’operazione di trasparenza.

Adesso rendiamo vivibile il piano terra, stiamo attrezzando una cucina, un punto informatico, una biblioteca con ciò che riusciamo a recuperare e ciò che ci viene donato.

In questi giorni l’entusiasmo era palpabile, molti sono venuti a dare una mano, a iniziare a far vivere il posto come qualcosa di tutti: una scopa in mano, un tavolo spostato, qualcuno porta da mangiare, altri da bere…
Si socializzano le competenze per superare le debolezze e l’arte dell’improvvisazione: elettricisti, idraulici, cuochi e artisti, abbiamo bisogno di tutto se vogliamo essere tutto, e l’autogestione è una bella palestra.
Vengono fuori le prime idee, passanti e vicini chiedono, alcuni entrano, qualcuno visita l’intero stabile e si ferma a parlare: il rispetto reciproco e il rapporto umano non mediato sono la forma in cui vorremmo relazionarci a tutti.
La base costitutiva dell’occupazione è il rispetto degli abitanti del quartiere, principio che si è consolidato dialogando con le persone che si sono avvicinate.

Il consenso riscosso è per ora un pugno nello stomaco a chi sta già preparando il terreno, giornalisti in primis, per un eventuale sgombero.
Non ci siamo presentanti con un pacchetto di proposte pre-definito, né con una ricetta per mandare avanti le cose, ma solo con un orientamento comune e qualche “paletto”, certo le idee non mancano, ma è il nostro bisogno di relazione, di costruzione collettiva, di sperimentare ora ciò che può essere poi, che ci preme si sviluppi.
Emerge anche il bisogno abitativo, come una pubblica piaga malcelata, tenuta nascosta dai media, potremmo essere d’esempio, altri già lavorano da mesi in questa città in questo campo, del resto, si dice, ci sono qualcosa come 11.000 alloggi sfitti, e l’esigenza di una casa cresce e si fa trasversale a livello generazionale, come l’esigenza di coniugare il bisogno abitativo con la necessità di uno spazio di socialità.
Si sa, mettere il dito in un nervo scoperto dell’attuale organizzazione sociale fa breccia nei cuori e nelle menti di molti, si scopre piaga dopo piaga e la maniera di curarle collettivamente.
Scriveva qualcuno: Il sociale è un sistema di piaghe autentico, totalmente superficiale.

Ci siamo presi questo stabile per tenercelo, consci di una sensibilità sociale diffusa che può essere colta in tutte le sue potenzialità solo con l’azione pratica come sbocco per affrontare di petto la crisi.
Non abbassiamo la guardia, ma siamo consci che la migliore strategia di difesa di ciò che ci siamo presi sta nell’allargare e nell’intensificare la partecipazione a questo progetto o la sua possibile riproducibilità in questa città e non solo.
Abbiamo voglia di confrontarci con tutti singoli e gruppi di individui che vogliano relazionarsi costruttivamente con noi.
Abbiamo la nostra abbondante dose di rabbia e determinazione da riversare contro coloro che contribuiscono a fare si che la nostra vita sia sempre più abbruttita dalle necessità di una sopravvivenza sempre più stentata.
Alcuni si affannano inutilmente a pensare come salvare questo sistema, noi semplicemente vogliamo abbatterlo.
Dolce ricordo, sempre più attuale, alla memoria appare
Una canzone che non invecchia:
Colpisci il passato al cuore
Le illusioni di sempre
Abbatti il futuro, se non ti appartiene.

Per tutte/i coloro interessate/i a sviluppare progetti comuni dentro la casa occupata l’appuntamento è mercoledì 2 novembre alle ore 18.00 in via dei Giustiniani 19.

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Una risposta alla crisi. Un primo passo vestro i nostri desideri

Questa mattina è stato occupato uno stabile di più piani al civico 19 di via dei Giustiniani nel centro storico a genova.
L’edificio è del demanio ed era disabitato da svariati anni. L’occupazione vuole essere un modo di coniugare l’esigenza abitativa di alcuni degli occupanti con la necessità di avere un posto pubblico di cui il quartiere può tornare ad usufruire.
Domani domenica 30 ottobre alle ore 16.00 si terrà un’assemblea pubblica.
Di seguito il testo del volantino distribuito…

29 ottobre 2011. Abbiamo occupato uno stabile in via dei Giustiniani 19.
Abbiamo occupato perché abbiamo bisogno di case, di luoghi in cui vivere dignitosamente, perché siamo stanchi di buttare i nostri miseri stipendi in affitti indecenti. Perché il modo in cui ci costringono a inseguire la nostra sopravvivenza, soli e isolati, è la maniera migliore per impedirci di essere solidali, di organizzarci per rendere le nostre vite qualcosa di bello.
Siamo uomini e donne diversi per età e percorsi di vita, ma uniti da bisogni concreti molto simili e dalla comune volontà di organizzarsi per soddisfarli.
Abbiamo occupato perché abbiamo bisogno di spazi in cui costruire ciò che non abbiamo: un luogo di incontro dove costruire rapporti di mutuo appoggio, un ambito in cui discutere e divertirsi, uno spazio per noi e per il quartiere, per mangiare e per studiare, per adulti e per bambini, uno spazio di tutti coloro che lo vivono e lo sentono proprio.
Vogliamo uscire dagli ambiti classici della “politica”, dai suoi linguaggi ideologici, dai suoi dogmatismi.
Siamo qui perché vogliamo opporci al richiamo costante alla guerra tra poveri, all’erosione continua della comunità umana, quella comunità che è l’unico soggetto in grado di resistere e porre le basi di un’esistenza “altra”, viva, solidale, quella comunità che si crea quando gli uomini e le donne si occupano direttamente di ogni ambito della loro vita, quando provano a vivere liberi. Insieme.
Siamo qui per provarci ancora una volta, per ricominciare da quello che siamo e da quello che vorremmo essere.

Lo spazio è aperto da subito, siete tutti invitati, portate quello che pensate possa essere utile.

Sabato dalle 18.30 aperitivo musicale.

Domenica dalle 16.00 merenda – assemblea pubblica.